La Storia è un organismo con una logica come credeva Hegel, oppure è un frutto selvaggio del come capita, capita? Abbiamo per decenni dichiarato compuntamente, pena il cono d’ombra dell’irrilevanza, che i complotti non esistono (a meno che non siano guidati, s’intende, dalla Cia o dal Mossad). E che il bene e il male, così come il vero e il falso, siano al 41bis dell’opportunismo politico.

Meglio evitare perché ti saltano addosso dalla finta sinistra al blocco neo fascio-putinismo, con Salvini che dice “bimbi” anziché “bambini” perché fa più orco buono. Per esempio: i bimbi nel tritacarne dell’ospedale pediatrico fatto maciullare da Putin? Ben gli sta: se usi le armi per opporti alle armi, questa è la fine che fai. Hai provato con la resa? Meglio della meditazione. Basta semplicemente arrenderti. E invece no, dobbiamo sempre avere a che fare con questa sordida insistenza nella difesa ostinata, persino permalosa degli ucraini.

Orbán fa il globe trotter

Il primo ministro ungherese Viktor Orbán, che per motivi di pura rotazione si trova a rappresentare senza alcun mandato l’Europa intera, si mette a fare il globe trotter fra Mosca e Pechino e poi per il resto del suo mondo, a nome di sé stesso ma spacciandosi per l’Europa intera, e intanto raduna un partito di fratelli o sorelle o figli di un’unica patria allo stesso tempo unita e divisa. Non si sa cosa intenda, chi dovrebbe costituire il bastione del lepenismo sconfitto in Francia. Porca miseria, ci mancava solo che vincesse Macron! Viktor molti anni fa era un liberalone anticomunista, fascinatore di folle e di minoranze etniche sempre irredente, poi passato dalla parte di Putin ma con i piedi in due e anche tre o quattro staffe.

Il sermone di Salvini

È andato a Mosca per donare a Putin delle matrioske contenenti la soluzione di tutti i problemi a cominciare sempre da quello ucraino. Il leit motiv è sempre lo stesso: basta che l’Ucraina si arrenda, e il caso è risolto. Se una sventagliata di missili russi da crociera va a sventrare a Kiev il più grande ospedale pediatrico, ecco che da capo della Lega e ministro Salvini parte col suo sermone: “Più si mandano armi, più la guerra va avanti”. Se questi stronzi di ucraini la smettessero di opporsi all’invasore, saremmo tutti più sereni. Del resto, non succedeva anche nel 1939 quando Hitler invase la Polonia e i pacifisti invadevano le piazze d’Europa per protestare contro la guerra dichiarata da Francia e Inghilterra contro Hitler l’invasore? Certo. Vecchia scuola: la pace si cura con la pace, non con lo sbarco in Normandia o con la battaglia di Stalingrado o di El Alamein. Dei polacchi ieri, come degli ucraini oggi chi se ne frega. Del resto, Putin l’ha ben spiegato nella sua lunga intervista al giornalista americano: “Si rende conto che la Polonia nel 1939 costrinse Hitler a invaderla perché si ostinava a non restituire la città tedesca di Danzica?”.

Orban un giorno è a Mosca, l’altro a Pechino

Nel 1939 la sinistra di allora gridava, a Parigi come a Londra e a New York: “Chi se ne frega di Danzica”. La Storia ha un meccanismo le cui ruote sembrano sempre di fabbricazione russa, ma solo per colpa della nostra paranoia. Invece, scusate: ma è possibile che questo Zelensky non voglia imparare come si sta al mondo? Ma perché gira sempre con quella canotta mimetica? Ma se la cambia? Guardate Putin, come l’elegante Medvedev vestono Armani, quello copiato come il parmigiano. Troppo nervosismo, troppa reattività sconsiderata – dice Orbán – da parte di questi stronzi di ucraini. Se ti bombardano, una ragione ci sarà, no? Gli dicono che ci sono ormai più di seicento bambini morti. Si informa: a Gaza? No, a Kyiv. Allora non è grave: ci voglio negoziati, ci vuole arrendevolezza. Orbán, è un commesso viaggiatore della pace: un giorno è a Mosca, l’altro è a Pechino, poi si vedrà. Un po’ nella Nato e un po’ con Mosca, Pechino forse Teheran. Venti paesi europei si sono infuriati per Orbán che parla anche a nome di chi non gli ha dato alcun mandato? É una pignoleria formale: che male volete che ci sia. Anche Nigel Farage, l’enfant prodige ha calato la maschera e ha fatto outing a favore di Putin. Il presidente indiano Narendra Modi va anche lui come Orbán a Mosca e, avuta notizia della mostruosa strage di bambini centrati da un missile russo a loro dedicato, osserva che “per promuovere la pace serve il dialogo e non le armi”. Che aspettano a dargli il Nobel per la pace e l’Oscar alla faccia tosta?

La trattativa con Xi

Le Nazioni Unite si svegliano e condannano. Poi riprendono a dormire. Oggi Orbán verrà contestato in Europa da una ventina di paesi sdegnati per il suo attivismo non autorizzato, ma lui se ne infischia e va a trattare direttamente con Xi Jinping che vuole sistemare il caso Taiwan e, tutti insieme appassionatamente, ci rifilano uno spettacolo che sembra frammentato ma che invece è una palla di fuoco e di menzogne con cui intortarci e distrarci sminuzzando e intimidendo. Noi non crediamo ai complotti, ma i complotti credono nella nostra paralisi e sarebbe ora di svegliarsi.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.