La sfida di Viktor Orban è evidente. Sbarcare in Russia alla corte di Vladimir Putin dopo la (fredda) visita in Ucraina da Volodymyr Zelensky è apparso alla maggior parte degli osservatori e dei leader occidentali come un azzardo. Una mossa realizzata subito dopo l’inizio del semestre dell’Ungheria alla presidenza dell’Unione europea. E che proprio per questo motivo è stata vista come un gioco per far capire che il premier ungherese andava lì a Mosca non solo in qualità di capo del governo di un Paese, ma come rappresentante dell’intero blocco europeo. Uno scenario che già due giorni fa, quando era iniziata a circolare la notizia, aveva fatto storcere il naso a molti. A partire dal presidente del Consiglio Ue, Charles Michel (oggi seguito anche dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen). E che ieri ha trovato il fuoco incrociato di molti leader e funzionari dei Paesi membri e delle istituzioni europee.

Le accuse più dure sono arrivate dai governi baltici, particolarmente sensibili al tema russo. E non a caso mercoledì il polacco Donald Tusk era stato uno dei primi leader a criticare la scelta del primo ministro magiaro. Ma più o meno tutti, dall’Europa orientale alla Scandinavia fino ai rappresentanti dei gruppi politici del Parlamento europeo hanno ribadito di non sentirsi rappresentati dal leader ungherese a Mosca, sottolineando che si è trattato di una visita inopportuna ma soprattutto fatta esclusivamente come rappresentante di Budapest e non come guida Ue. Un’idea evidenziata anche dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ieri, all’evento “Forum in masseria”, ha confermato che “Orban è andato a Mosca non a nome e per conto dell’Unione Europea, è andato a Mosca come primo ministro ungherese”.

“Io non ci sarei andato” ha continuato Tajani, “credo che per trattare in Ucraina si debba essere uniti, tutti vogliamo la pace, ma deve essere una pace giusta che garantisca l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Ucraina”. E questo sembra essere il leitmotiv di gran parte dello spettro politico europeo, come confermato anche dalle dichiarazioni dei vari leader. L’irritazione di Bruxelles è evidente. Anzi, una vera e propria ira. Un sentimento che ha caratterizzato anche il governo ucraino, che ieri ha sottolineato che la visita a Mosca non era concordata né approvata da Kiev. E anche dalla Nato, il segretario generale Jens Stoltenberg ha voluto sottolineare che l’Alleanza era stata avvertita del viaggio ma che Orban non rappresentava in alcun modo le istanze del blocco euroamericano. Tutti hanno voluto disconoscere un ruolo continentale a Orban. Ma non era certo difficile immaginare che Putin avrebbe colto subito l’occasione. E lo si è visto da come ha accolto Orban.

“Caro signor primo ministro, cari colleghi, benvenuti a Mosca, in Russia, capisco che questa volta siete arrivati non solo come nostro partner di lunga data, ma anche come presidente di turno del Consiglio dell’Ue”, ha detto il presidente russo. E il capo del Cremlino, ricercato dall’Aja e isolato dall’Occidente, ha anche fatto intendere di considerare questo blitz un modo per parlare con l’Europa. Parole che hanno confermato che lo “zar” aveva tutto l’interesse a mettere il sale sulle ferite di un’Ue travolta dalla visita dell’ungherese a Mosca. Le due ore e mezzo di colloqui tra le due delegazioni, almeno pubblicamente, non hanno portato i risultati sperati. Putin ha detto che la guerra finirà con il ritiro ucraino dalle regioni occupate dai russi e una pace definitiva. Orban ha dichiarato che la posizione di Russia e Ungheria sulla fine della guerra in Ucraina sono ancora molto distanti. E il consigliere Yuri Ushakov ha affermato che il premier ungherese non ha trasmesso alcun messaggio da Zelensky.

“Ho detto al presidente che il più grande sviluppo dell’Europa è avvenuto in decenni di pace, mentre ora in Europa viviamo all’ombra della guerra da due anni e mezzo, e questo causa enormi difficoltà”, ha dichiarato il capo del governo di Budapest, e l’Ungheria è uno di quei “pochi Paesi” che può “impegnarsi nel dialogo con entrambe le parti”. L’obiettivo di Orban è stato quindi raggiunto. Sfidare Bruxelles, lanciare il segnale di agire da solista, ribadire a Putin che a Budapest ha orecchie che lo ascoltano (anche sull’energia) e forse anche gettare un ponte in vista di un possibile arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca. Dato che il repubblicano non ha nascosto di volere una rapida pace tra Kiev e Mosca. Ma se quella di Orban appare una sfida politica e mediatica, anche il capo del Cremlino ha raggiunto un suo scopo: quello di non apparire isolato. Che è poi uno dei pilastri dell’agenda del presidente russo. La visita in Corea del Nord, per quanto fondamentale per la difesa russa, aveva lasciato l’immagine di un leader paria. Ma con la visita ad Astana, l’incontro con Orban e nei prossimi giorni anche l’arrivo a Mosca del premier indiano Narendra Modi, Putin vuole far vedere alla comunità internazionale di non essere solo.