Sia detto con il riguardo dovuto, ma è gravida d’immoralità populista l’ennesima requisitoria anti-israeliana (siamo alla terza nel giro di poche settimane) cui si è lasciato andare l’altro giorno il Papa di Roma.

Giusto il mese scorso, dalle pagine di un recente libro-intervista, il Santo Padre della Chiesa cattolica reclamava che fossero investigate le responsabilità genocidiarie di Israele perché certi “esperti” gli avevano sussurrato che sì, era proprio genocidio, e quindi bisognava che la giustizia se ne occupasse. E pace sul fatto che, mentre il Papa sollecitava quegli accertamenti, essi fossero notoriamente in corso presso un paio di Corti internazionali. Forse non gliel’avevano detto.

O forse – azzardiamo – il Papa, intervenendo in quel modo, non sollecitava la giustizia a valutare “se” genocidio ci fosse, ma la istigava a dichiarare che ci fosse punto e basta giacché, come ha spiegato nella sua ultima dichiarazione di rincalzo, “questa” (cioè la guerra di Gaza) “non è guerra”. E, se non è guerra, è gioco forza che sia quest’altra cosa, vale a dire lo sterminio indiscriminato, il programma teso ad annichilire i civili palestinesi e dunque anche i figli più piccoli di quel popolo finito nel dispositivo annientatore dello Stato Ebraico.

Il profilo moralmente ammaccato di questa partigiana militanza pontificale, che indugia sulla sofferenza dei bambini uccisi da una cosa che non sarebbe guerra, bensì preordinata crudeltà sicaria, è ben visibile considerandone la diversità rispetto a quello tenuto dal Papa il 7 ottobre dell’anno passato. Allora i bambini uccisi – in attuazione del programma genuinamente genocidiario di cui il Papa ha fatto mostra di non accorgersi – erano quelli del popolo che fino a ieri, con Bergoglio già cresciutello, la Chiesa accusava di aver ucciso Gesù Cristo. Sicuramente questo non c’entra nulla, ma resta che la sorveglianza papale sulle crudeltà del mondo ha deciso di non insistere in egual maniera nella condanna degli assassini del Sabato Nero, gente diversamente colpevole perché responsabile dell’uccisione di bambini diversamente meritevoli. Così come quella sorveglianza andava in sospensione sulla vicenda di altri bambini a loro volta poco meritevoli, i bambini israeliani rapiti da gente non abbastanza crudele da meritare la sofferta attenzione e l’inappellabile condanna di Francesco.

Dicevamo sopra che è gravato di populismo immorale questo atteggiamento di pregiudizio ormai sfrenato cui si abbandona il Papa a proposito della guerra di Gaza. In che senso populismo e in che senso immorale? Nel senso che, goebbelsianamente, la verità sulla guerra di Gaza si è trasfigurata in quest’altra cosa, cioè nella bugia del genocidio, nella menzogna circa la guerra che attua la deliberazione di condurla contro gli innocenti, contro i bambini.

Questa realtà menzognera è diventata la verità della massa. E se ancora è legittimo mischiarsi alla massa, se è ancora legittimo far finta di ascoltarla e rappresentarla – tutte cose ancora consentite a un sovrano come Bergoglio – imperdonabile è invece usare la massa per trarne forza. Il Papa questo fa quando indugia sulle crudeltà israeliane e sulla piega genocidiaria della guerra di Gaza: si fa forte del pregiudizio di massa.