I ricercatori hanno identificato nella proteina RasGRP1 un nuovo determinante molecolare all’origine dell’insorgenza e della severità delle discinesie indotte da L-DOPA, note essere un severo effetto motorio collaterale associato al trattamento nel tempo dei pazienti con la malattia di Parkinson. Le discinesie sono dei movimenti involontari, che disturbano l’esecuzione dei movimenti volontari e, quando sono gravi, causano nel paziente delle disabilità molto importanti. Attraverso uno studio multidisciplinare i ricercatori hanno dimostrato che il trattamento con L-DOPA nei modelli preclinici di Parkinson si accompagna ad un aumento significativo nei livelli della proteina RasGRP1 nelle aree cerebrali dello striato dorsale, responsabili dell’insorgenza delle discinesie. A supporto di un coinvolgimento funzionale di questa proteina, gli studiosi, attraverso complesse metodologie di biologia molecolare e studio del comportamento, hanno dimostrato in vivo che l’ablazione del gene RasGRP1 in modelli animali di Parkinson riduce drasticamente le discinesie da L-DOPA, senza interferire con gli effetti terapeutici del farmaco stesso.

Da un punto di vista molecolare, la ricerca identifica per la prima volta in RasGRP1 un potente attivatore di fondamentali vie di segnalazione intracellulari quali quelle di mTOR ed ERK che qualora iper-attivate in modo aberrante dalla L-DOPA nello striato, sono ritenute causali per lo sviluppo delle discinesie. Inoltre, attraverso analisi biochimiche di spettrometria di massa ad alta risoluzione gli scienziati hanno scoperto l’esistenza di proteine-bersaglio strettamente connesse all’aumento di RasGRP1 nello striato di modelli animali durante le manifestazioni di discinesie da L-DOPA.

«Alla luce di questi nuovi studi preclinici – spiega Alessandro Usiello, Principal Investigator del laboratorio di Neuroscienze Traslazionali presso il CEINGE-Biotecnologie avanzate di Napoli e professore ordinario di Biochimica clinica dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli – ipotizziamo che la modulazione farmacologica della proteina RasGRP1 e dei suoi bersagli molecolari nello striato potrebbero rappresentare una nuova linea di ricerca volta allo studio di innovative terapie atte a ridurre gli effetti collaterali associati alla L-DOPA nel trattamento della malattia di Parkinson. Tuttavia, serviranno anni di lavoro e nuove verifiche sperimentali precliniche e cliniche in pazienti con la malattia di Parkinson, affinché queste ipotesi sperimentali possano un giorno traslare dalla ricerca di base ad una possibile nuova terapia farmacologica nella malattia di Parkinson».

Lo studio nato dalla collaborazione tra lo Scripps Research Institute, Jupiter (Florida), il CEINGE-Biotecnologie avanzate di Napoli e l’Università della Campania, L. Vanvitelli. La scoperta è stata possibile grazie ad una stretta e pluriennale collaborazione internazionale italo-americana tra i team di ricerca guidati da Subramanian Srinivasa, professore associato e Principal Investigator del Laboratorio di Neuroscienze presso lo Scripps Research Institute, Jupiter, Florida, e da Alessandro Usiello, Principal Investigator presso CEINGE-Biotecnologie avanzate di Napoli e professore ordinario di Biochimica Clinica dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli, finanziato negli ultimi anni anche dalla Fondazione CARIPLO.

La malattia di Parkinson – Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa caratterizzata da un disturbo progressivo e cronico, che influenza principalmente il controllo del movimento. In Italia i pazienti di Parkinson sono stimati approssimativamente in circa 230.000 persone; con una prevalenza di ammalati intorno all’1-2% della popolazione sopra i 60 anni e al 3-5% della popolazione sopra gli 85 anni. L’età media di comparsa dei sintomi del Parkinson è di circa 60 anni, tuttavia il 5% dei pazienti può presentarne una forma ad esordio precoce. Studi epidemiologici condotti in Europa e negli Stati Uniti, indicano che la malattia colpisce maggiormente le persone di sesso maschile con una frequenza superiore di 1,5-2 rispetto alle donne. Da un punto di vista neurologico la malattia di Parkinson colpisce delle aree profonde del cervello umano denominate gangli della base, che rivestono un ruolo molto importante per la corretta esecuzione dei movimenti e della coordinazione. I sintomi motori della malattia di Parkinson si manifestano con la degenerazione di oltre il 60% dei neuroni dopaminergici localizzati nel mesencefalo in una regione denominata “sostanza nera”. La perdita dei neuroni dopaminergici è intimamente associata ad una drastica riduzione dei livelli cerebrali di dopamina, un neurotrasmettitore fondamentale nella regolazione dei movimenti volontari e dell’equilibrio.

La terapia contro il Parkinson – Purtroppo, ad oggi non esistono farmaci in grado di bloccare o anche solo attenuare la neurodegenerazione dei neuroni dopaminergici e quindi i rimedi terapeutici per il morbo di Parkinson sono solo ed esclusivamente sintomatici. Fin dagli anni 60 la più diffusa terapia farmacologica nella malattia di Parkinson consiste nella somministrazione di L-DOPA (precursore della dopamina), che grazie alla sua capacità di superare la barriera ematoencefalica, ha la proprietà di aumentare in modo efficace la concentrazione del suo derivato nel cervello dei pazienti ed in particolare nella regione cerebrale dei gangli della base chiamata “striato”. Gli effetti terapeutici della L-DOPA sono diretti verso i sintomi motori della malattia di Parkinson, caratterizzata altresì da disturbi cognitivi e psichiatrici nelle fasi tardive della malattia. Sebbene nei primi anni di terapia la L-DOPA induca principalmente degli effetti motori benefici nei pazienti con la malattia di Parkinson, con il passare del tempo questo farmaco provoca effetti collaterali severi e debilitanti, quali le discinesie. Le discinesie da L-DOPA sono dei movimenti involontari, coreiformi, che disturbano in modo severo l’esecuzione dei movimenti volontari e, quando sono gravi, causano nel paziente delle disabilità molto importanti.

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