Un anno dalla cattura e dalla detenzione di Patrick George Zaki. Un anno da quando lo studente egiziano dell’Università di Bologna è stato arrestato al rientro al Cairo e quindi trasportato nel carcere di Tora, dove è detenuto da un anno, appunto. Inutili gli appelli, le raccolte firme e i richiami dalla comunità internazionale all’Egitto. Una vicenda che porta alla mente numerosi altri episodi di repressione ma soprattutto a quello di Giulio Regeni, il ricercatore friulano fermato e torturato fino alla morte in Egitto.

Sarebbero circa 1.600 detenuti arbitrariamente nel Paese. Patrick George – dall’11 di gennaio 2021 cittadino onorario di Bologna – il 7 gennaio 2020 veniva fermato e per 24 ore e di lui non si veniva a sapere più nulla fino all’otto febbraio: era stato sottoposto a detenzione preventiva perché avrebbe potuto inquinare le prove. Veniva accusato di aver fatto propaganda terrorista e sovversiva contro il regime attraverso i social network. Gli avvocati hanno sempre respinto l’accusa classificando quell’account come un account fake, o comunque non appartenente a Zaki. Lui stesso ha detto di poter dimostrare la sua innocenza. Niente, da un anno è sottoposto a udienze farsa e prolungamenti di custodia cautelare che si rinnovano ogni 45 giorni.

Gli europarlamentari italiani hanno lanciato un appello, “Patrick Libero”, dalla pagina Facebook degli attivisti che si battono per la libertà del ricercatore egiziano di 29 anni. A firmarlo Fabio Massimo Castaldo (vice presidente del Parlamento Ue), Pierfrancesco Majorino, Soraya Rodriguez, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Elisabetta Gualmini, Pietro Bartolo, Patrizia Toia, Brando Benifei. “La situazione richiede una risposta concreta e immediata, anche anche sotto forma di sanzioni Ue”, ha detto Castaldo.

“Oggi, il 7 febbraio 2021 – scrivono gli attivisti su Facebook condividendo il filmato – segna un anno dalla detenzione di Patrick all’aeroporto internazionale del Cairo. In questa occasione, i membri del Parlamento europeo rinnovano la loro richiesta per il rilascio di Patrick e promettono di continuare a lottare per lui. Li ringraziamo per essere la voce di Patrick e per usare la loro posizione per promuovere un mondo più sicuro dove i diritti umani vengano rispettati”.

“La sua colpa – afferma Bartolo nel video – è essersi occupato di diritti umani”. “Patrick è il simbolo dell’Europa come la vorremmo”, ricorda Picierno, “ma è purtroppo diventato il simbolo del fallimento dell’Europa che abbiamo di fronte”. La mobilitazione per Patrick Zaki è partita immediatamente, spontanea e unanime. È diventata presto internazionale. Anche Scarlett Johansson, attrice di Hollywood, ne ha chiesto la liberazione. Il primo febbraio un altro studente egiziano, Ahmed Samir Abdelhay Ali, è stato arrestato.

I partiti de il Partito Democratico, Liberi e Uguali, Movimento 5 Stelle, Verdi, Italia Viva, nonostante la crisi del governo in corso, o almeno parti di questi, hanno espresso la propria vicinanza a Patrick e alla sua famiglia. E hanno esortato che anche l’Europa si compatti nel prendere posizione contro il regime di Al-Sisi.

“Fermare i rapporti commerciali e la vendita di armi”, ha proposto Laura Boldrini. Erasmo Palazzotto, LeU, ha scritto: “Anche attraverso la richiesta di conferimento della cittadinanza italiana, si faccia quanto necessario per riportarlo a casa”. “Aderiamo all’appello della sorella di Patrick, Marise, e alla petizione dell’Associazione Station to Station per chiedere al presidente della Repubblica Mattarella e alle più alte cariche dello Stato Italiano di conferirgli la cittadinanza Italiana per meriti speciali. Un atto concreto che potrebbe aiutare il prossimo ministro degli Esteri a liberare Patrick”, ha detto Angelo Bonelli dei Verdi.

Riccardo Noury (portavoce di Amnesty International Italia) ha parlato della campagna per Zaki come una delle più imponenti e belle della storia. C’è però bisogno che questa campagna dal basso incontri una risposta dall’alto. Appello anche di Mattia Santori, leader delle Sardine, che ha invitato a partecipare all’iniziativa dell’associazione Station to Station di conferire la cittadinanza italiana a Zaki per fare pressione: “È un gesto simbolico chiesto dagli amici di Station to station, che ha un significato, ci avvicina a un cittadino che non gode della libertà. Per noi lui si sarebbe speso per le nostre libertà. Questa è semplicemente una richiesta di attivarsi. Si può farlo da cittadini o da amministratori. Sarebbe bello che ci fosse unanimità su un gesto come questo”, ha detto Santori a RaiNews24.

Antonio Lamorte

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