Verso il nuovo partito liberal-democratico
Perché c’è bisogno di minoranze coraggiose: i ribelli del bipolarismo contro la logica de “l’importante è vincere”

Auguri sinceri ai ribelli del bipolarismo che ci riprovano oggi a Milano. Un arcipelago di sigle ed esponenti di area riformista-liberale che non si rassegna a dovere per forza fare parte delle logiche che contraddistinguono i due prevalenti schieramenti politici. Che respingono soprattutto la logica de “l’importante è vincere” il resto poi si vedrà. Anche se si vince spesso con all’interno linee programmatiche completamente opposte. Si pensava che la dinamica bipolare avrebbe prodotto due schieramenti equilibrati e preoccupati di non perdere contatto con la parte meno politicizzata e più moderata dell’elettorato italiano. È successo esattamente il contrario.
Le minoranze rumorose
I due schieramenti appiano largamente condizionati da minoranze rumorose, portatrici di punti programmatici che esasperano gli interessi delle minoranze e sono ben lontani dal mettere mano ai problemi strutturali e fondamentali dell’Italia. Debito immane, costo degli interessi che riduce inevitabilmente ai minimi termini la dimensione della spesa sociale necessaria e degli investimenti, uno spazio europeo vissuto non come necessario alla competizione internazionale, ma solo come un ulteriore possibile fornitore di altro debito. O come regolatore invadente. La crescita è ai minimi termini, ma è assente da qualsiasi discussione come invertire questa tendenza negativa e la perdita costante di produttività e capacità di competere.
La politica di spesa irresponsabile
La politica italiana degli ultimi decenni, fatta salva qualche limitata parentesi, è stata soprattutto una politica di spesa irresponsabile con i due schieramenti in competizione nelle promesse elettorali, purtroppo in alcuni casi andate in porto, a carico del debito pubblico e di chi paga le tasse. E di sistematica occupazione, senza merito, di ogni posizione disponibile. Pensionamenti anticipati, reddito di cittadinanza e per finire il colpo mortale della bonus-economia, con il 110 ad affossare i conti della Repubblica per i prossimi 10 anni. Ritenere in questo quadro di potersi “accomodare” in uno dei due schieramenti facendo finta di nulla in cambio di qualche posizione di inutile potere o di vittorie elettorali prive di identità e di innovazioni sarebbe arrendersi di fronte al disastro.
Perché una minoranza con identità chiara
Abbiamo piuttosto bisogno di “minoranze”, sì lo ripeto, di minoranze senza paura di usare una parola nobile, che mettano al centro della discussione i punti fondamentali di un programma per la rinascita dell’Italia. Minoranze con un’identità chiara e uno sguardo che sappia andare oltre lo scontro elettorale come unico orizzonte. Che abbiano idee oltre i prossimi 12 mesi, per i prossimi 20 anni. Ci sarà tempo per pensare alle scadenze elettorali. Un anno di lavoro può cambiare molte cose. Senza un’identità chiara, una forza costruita con un lavoro paziente e senza arroganza, con un programma distintivo il contributo di un polo riformista è destinato all’impotenza ininfluente.
Populismo al capolinea
C’è un estremo bisogno di idee per affrontare una stagione che sarà ancora una volta, dopo l’elezione di Trump, completante diversa da quelle che abbiamo vissuto, Ma queste languono. Il dibattito politico si fa con il palleggio di interviste che durano un giorno o nella sarabanda dei talk show. Oggi le competizioni elettorali si portano a casa con astensioni di tale dimensione che il vincitore ha consenso di una evidente minoranza di elettori. La disaffezione nasce dalla delusione e nelle ultime elezioni nazionali la metà di coloro che sono andati a votare hanno votato per un altro partito, cambiando la loro scelta precedente, alla ricerca vana di una via di uscita.
I leader durano una stagione e sono leader di forze elettorali sempre più piccole. C’è ancora spazio per la ragione e per la serietà. Il populismo, di destra e di sinistra, ha mostrato tutte le sue contraddizioni e ha forse consumato la sua stagione.
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