Ho preso parte alla presentazione del libro di Luigi Marattin nel capoluogo lombardo. Con il deputato liberale, intorno al suo libro “Missione possibile” per la costruzione di un partito liberal-democratico c’erano Sergio Scalpelli, Antonio Polito e il sindaco Beppe Sala.

Un nuovo soggetto

L’analisi politica emersa è stata tanto amara quanto univoca: l’Italia ha mancato il treno della globalizzazione. La proposta è precisa: un’offerta liberaldemocratica per chi vuole spazi di cittadinanza oltre il finto bipolarismo. Il posizionamento è lucido: a disagio con questa destra nazionalista statalista tossica verso la crescita e questa sinistra populista dirigista altrettanto priva di ricette per uscire dalla crisi economica. La sfida sarà trasformare queste premesse in un soggetto capace di attirare e rappresentare quel pezzo di paese che non ha voce ma che compete nel mondo e produce ancora Pil nella penisola che arranca. La sala piena dava un’idea di voler contribuire a costruire un’offerta terza e riformatrice per l’Italia, opponendosi a sovranismi e demagogia.

Non c’è spazio per Sala

Le “provocazioni” di Polito e Sala sono state un’interessante opportunità per Marattin di chiarire sue idee e ambizioni. Il primo ha efficacemente citato un suo vecchio libro dal titolo “Oltre il socialismo. Per un partito (liberal) democratico” che ben ricordava quanto questa sfida fosse stata posta in passato, nel mondo del Pd, con esiti poco edificanti. Assieme a ciò l’editorialista del Corriere della Sera segnalava come la politica dovesse essere non solo testimonianza ma anche capacità di arrivare al governo. Per Polito in tal senso la battaglia fuori dagli attuali poli appare oggi improba: un bivio davanti al quale vale la pena considerare non solo il Pd ma anche il campo di Forza Italia.

Il sindaco Sala ha ricordato la necessità di figure capaci e preparate come Marattin nel mondo del centrosinistra italiano, chiarendo che quello è l’ambito dove lui agisce, anche considerando molto spesso le idee di Renzi e Calenda fondate. Ma non c’è spazio, per Sala, oltre l’attuale schema duale. Sergio Scalpelli ha avuto modo di ribadire la necessità di riprovare la costruzione di una offerta di natura marcatamente liberaldemocratica e dato la parola a Marattin sia per replicare a Sala e Polito che per illustrare i prossimi passi che vorrà compiere con l’associazione Orizzonti Liberali e ribadito che non si vede a fare ‘entrismo’ nel Pd o sponda di questa destra. “Da quando è iniziata la globalizzazione l’Italia è il paese che è cresciuto di meno in Europa, nel mondo occidentale e – praticamente – sul pianeta Terra, esclusi Gabon e Isole Vergini”, ha esordito Marattin in modo schietto. In Italia non abbiamo una “destra” e una “sinistra” moderne, ma due schieramenti culturalmente dominati da chi pensa che il motivo di questo poco invidiabile primato sia l’apertura e l’integrazione dei mercati (la destra) o il fatto che lo Stato non interviene e non spende più abbastanza (la sinistra).

L’ambizione del progetto di Marattin fa il paio con l’assenza di un partito che riconosca il motivo per cui l’Italia non cresce più, ovvero che dagli anni Settanta la produttività ha smesso di crescere ed ovviamente gli stipendi languono mentre una persona che guadagna 2500 euro al mese viene considerata ‘ricca’ e stratassata. “Produttività significa quanto bene funziona il paese, in termini di mercati, dell’efficienza delle funzioni pubbliche, di qualità del sistema formativo, di caratteristiche del sistema produttivo e della giustizia”. In ballo c’è una visione di società basata su economia di mercato e democrazia liberale, su meritocrazia e sulla creazione di opportunità come misura del progresso sociale, sulla funzione del settore pubblico di rimuovere gli ostacoli che impediscono alla persona di cercare la propria felicità (anziché chiedere che gliela dia lo Stato), sulla concorrenza come mezzo più sicuro per garantire uguaglianza di possibilità e allargamento dei diritti. Il tutto da ancorare saldamente ai valori occidentali ed atlantici.

Antonluca Cuoco

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