Si moltiplicano addii e divisioni
La grande fuga da Renzi e Calenda, fuggi fuggi dal campo larghissimo: il nuovo centro con Marattin e Sala
È un po’ come l’inizio delle “vacanze”: sale d’attesa affollate, trolley che si trascinano per i corridoi delle stazioni, orari di partenza che si consultano freneticamente, abbracci furtivi nelle caffetterie. Insomma, gente che parte dandosi appuntamento altrove. La data del grande esodo era già cerchiata in rosso nei calendari e coincide con un disastro rimosso velocemente dai leader che lo hanno causato. Quello delle elezioni europee di giugno, con le liste di Italia Viva (che si presentava in alleanza con Emma Bonino, Psi e Libdem per Stati Uniti d’Europa) e di Azione, rimaste malinconicamente sotto il quorum del 4%. Ovvero senza eletti, bye bye Bruxelles.
Il tramonto di Renzi e Calenda
Non era l’improvvisa vittoria del bipolarismo ma più banalmente il tramonto dei due leader che in modo rocambolesco, nell’estate del 2022, dettero vita al Terzo Polo: Carlo Calenda e Matteo Renzi. Ironia della sorte per una coppia che si è lungamente detestata e che nel fallimento ha pure responsabilità diverse: simul stabunt, simul cadent. A far partire le danze, i parlamentari di Azione con l’esodo di due senatrici (Mariastella Gelmini e Giusy Versace) e di due deputati (Enrico Costa e Mara Carfagna). Poi quelli di Italia Viva: prima Luigi Marattin, dopo Isabella De Monte e ora Filippo Campiotti (passato a Forza Italia). Ma sembra non finire qui: “radio buvette” annuncia prossimi abbandoni dalla stessa sponda. I motivi sono gli stessi: no all’alleanza con le sinistre, che è esplicita per l’ex sindaco di Firenze e implicita per il suo ex ministro. Diverse invece le collocazioni: le tre parlamentari di Azione saranno accolte in Noi moderati da Maurizio Lupi; Costa e De Monte sono già in Forza Italia; Marattin vuole rimettere in piedi un nuovo partito liberaldemocratico con Andrea Marcucci di Libdem e Alessandro Tommasi di Nos.
Il campo largo non esiste più, parola di Conte
Le progressive difficoltà dei due “Gian Burrasca” del centro, paradossalmente, hanno prodotto un’impennata di interesse per l’area politica. A partire da Elly Schlein, la quale si è resa conto che bisogna cambiare spartito e attori. Inutile insistere con i leader di Italia Viva e di Azione, che fanno imbestialire tre quarti dell’alleanza e in particolare Giuseppe Conte. E tra i vari litiganti, la segretaria del Pd naturalmente sceglie l’avvocato del M5S. Che però sentenzia la fine del campo largo: «Non esiste più». È arrivata l’ora di rispolverare la lezione di Goffredo Bettini: “Dobbiamo costruirci un centro a nostra immagine e somiglianza”. Il leader per questa operazione in “vitro” c’è già: è il sindaco di Milano Giuseppe Sala, che da settimane segnala che serve un’area moderata – collegata al centrosinistra – per vincere le elezioni. Stesso consiglio che arriva da un altro esperto del ramo: l’ex sindaco della Capitale Francesco Rutelli, che però di ritornare in politica non ci pensa proprio. Modello Margherita 2.0.
Il nuovo centro di Marattin
A un altro centro, e non al guinzaglio, lavora Luigi Marattin. Per far capire le sue intenzioni, il deputato già renziano, annuncia un incontro a Genova (8 ottobre) dove presenterà il suo ultimo pamphlet, “La missione possibile”, proprio con Marco Bucci, sindaco civico di Genova, e candidato sostenuto dal centrodestra alle elezioni ligure. Non un’alleanza con Giorgia Meloni e soci, ma una serrata valutazione dei programmi e delle biografie, tipico di una forza che vuole rimanere terzista. Ovvero andare da sola, laddove il sistema elettorale lo consenta, o scegliere il “meno peggio” alle elezioni amministrative. “Come avrebbero dovuto fare Renzi e Calenda, se non avessero passato il tempo a litigare”, spiega Andrea Marcucci, che è stato deputato del Pli prima di Tangentopoli, per poi fondare il Pd con Walter Veltroni. Modello liberali inglesi.
Naturalmente la voglia di centro contagia anche Forza Italia (modello 1994), con il segretario Antonio Tajani che lo rivendica per distinguersi dall’altro vicepremier, Matteo Salvini, che ha preferenze completamente diverse. Da valorizzare non ci sono solo le campagne estive (carceri e ius scholae), ma anche l’equilibrio del Partito popolare europeo, baricentro della nuova maggioranza Ursula e contemporaneamente riferimento di Giorgia Meloni. Un’operazione con il vento in poppa (hanno aderito anche Maurizio Turco e Irene Testa del Partito radicale) per la segreta speranza di tanti: l’ingresso in politica di Piersilvio Berlusconi, l’unico nome in grado di sparigliare gli attuali schieramenti della politica. In pratica, al centro, gli spazi sono già tutti esauriti. Che disdetta per i due leader che lo hanno messo in soffitta.
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