La palude del dibattito pubblico
Uno scatto contro la stagnazione politica, da Meloni ai riformisti Pd: è l’ora del dialogo tra i volenterosi italiani

Caro Direttore,
ho colto nel tuo editoriale di ieri un’insofferenza enorme per la stagnazione politica italiana. L’accelerazione della Storia scattata il 20 novembre con l’elezione del primo presidente americano nemico dell’Europa, contestualmente all’incancrenirsi della spinta imperialistica di Putin, è in palese contrasto con l’immobilismo della situazione politica del nostro Paese.
Cambiamenti avvengono in Germania, in Gran Bretagna, persino, seppure contraddittoriamente, in Francia: solo da noi non succede nulla. Almeno formalmente. Perché tutti sappiamo del crescente nervosismo nella maggioranza di governo paralizzata tra europeisti e sovranisti, in modo specularmente identico a quanto avviene nel centrosinistra, in questi giorni più alle prese con tirate di capelli e cognomi materni che con i problemi mondiali.
Meloni causa della stagnazione
Dunque, dietro i barocchismi della vecchia politica che imbrigliano quella fantasia che invece occorrerebbe, in teoria la situazione potrebbe rimettersi in movimento. Che è poi la speranza che ho visto, caro Claudio, nel tuo editoriale di ieri. In questo senso tu auspichi un’iniziativa da parte di Giorgia Meloni, in grado di sollecitare i “volenterosi” italiani (immagino gli europeisti che vogliono difendere i valori liberali del nostro continente). Non saprei, Direttore. Anzi: credo che la presidente del Consiglio sia più la causa della stagnazione che non la medicina per combatterla, poiché – pur di mantenere l’attuale quadro di governo – pare disposta a qualsiasi cosa.
Più in generale, Meloni è culturalmente (e vorrei dire psicologicamente) non attrezzata per guardare oltre i confini della destra, tanto che in due anni di governo non si ricorda una sola iniziativa anche lontanamente aperta alle opposizioni. Semmai, nella maggioranza, dovrebbe essere Antonio Tajani a fare un po’ di movimenti, magari accompagnato da un futuribile impegno di Marina Berlusconi. Ma tutto ciò, al momento, non esiste.
Dove potrebbe nascere invece un’iniziativa, anche se – diciamo così – meno ambiziosa? Dovrebbe riguardare quegli europeisti del centrosinistra che si sentono soffocati dalla deriva massimalistica (perdonami se uso un termine un po’ improprio ma è per capirsi) della sinistra italiana. E in particolare i riformisti-europeisti del Pd che hanno dato a Strasburgo un segno di vita non piccolo votando a favore del ReArmEu, un piano che ha delle lacune ma che, come è scritto nell’ultimo documento del Partito socialista europeo, è «un primo passo» verso la Difesa comune europea. I riformisti del Pd dovrebbero porre alla segretaria Elly Schlein la necessità di aprire un nuovo rapporto con le più coerenti forze europeiste, cioè Azione, Più Europa e Forza Italia (attendendo che anche Italia Viva batta un colpo in questa direzione).
In mancanza di risposte, i riformisti del Pd, magari con l’ausilio di personalità e forze ad essi vicine, dovrebbero aprire autonomamente un discorso nuovo con le suddette forze politiche europeiste con un’iniziativa comune. Si aprirebbe così un capitolo nuovo, magari propedeutico a nuovi passaggi politici. Peraltro, il movimento di Meloni da te auspicato e quello da me suggerito ai riformisti non si escludono. Gettiamo sassi nello stagno, Claudio, e vediamo che succede: probabilmente niente!
La risposta del direttore Claudio Velardi
Caro Mario,
ti rispondo brevemente perché hai colto il senso dell’appello che abbiamo lanciato ieri: non è possibile stare fermi mentre tutto intorno a noi cambia vertiginosamente, il punto di fondo è questo. Quindi chiunque, nella palude del dibattito pubblico italiano (che riguarda politici, media e quasi tutti gli intellettuali), abbia voglia di gettare sassi nello stagno, è benvenuto. Poi si vedrà quale forma politica il moto ondoso potrà assumere.
Ma riformisti Pd annaspano da tempo
Ti faccio però una sola obiezione. Tu dici che la Meloni non è attrezzata per promuovere un’iniziativa di apertura e dialogo, mentre pensi che siano in grado di mettersi in movimento i riformisti del Pd. Io ovviamente lo auspico, dato che mi sento naturaliter più in sintonia, per dire, con Picierno o con Gori che con Meloni. Ma è da troppo tempo che vedo i riformisti del Pd annaspare in un confuso dibattito interno, fatto di messaggi cifrati e di gergo, per nutrire ancora la speranza che siano capaci di un’iniziativa politica coraggiosa e solare, che parli finalmente all’Italia. Comunque sia, da qualunque parte, che qualcuno avvii le danze. Forza e coraggio!
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