Ma Abu Mazen oppone il silenzio
Piano per la pace in Medio Oriente, Trump prevede uno stato palestinese
Nel frattempo, l’ufficio della Procura generale israeliana ha presentato l’atto di incriminazione di Netanyahu davanti alla Corte Distrettuale di Gerusalemme. La ragione in realtà, come sottolineato da molti analisti, è che il premier ieri avrebbe perso in Parlamento, stretto nella tenaglia di tutta l’opposizione: dalla sinistra a Blu-Bianco, alla coalizione araba, al partito di Avigdor Lieberman, implacabile nemico. Non è un caso che il Likud, la formazione del premier, avesse già annunciato che non avrebbe partecipato alle votazioni di ieri per nominare la Commissione sull’immunità, consapevole della sconfitta. A tirare la somma politica ci ha pensato Benny Gantz, il maggior avversario di Netanyahu alle elezioni del 2 marzo.
«Di fronte ai cittadini israeliani si profila una scelta netta: un premier che lavori per loro, oppure un primo ministro che si deve occupare dei suoi casi». «Nessuna persona – ha aggiunto – può gestire uno Stato e al tempo stesso misurarsi con tre gravi incriminazioni penali». Più che al “Piano del secolo” i due rivali pensano e si attrezzano per il “Giorno del giudizio”: il 2 marzo 2020, quando Israele si recherà alle urne, per la terza volta in meno di un anno.
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