La Procura generale della Cassazione è intervenuta pesantemente nel processo del Csm a Luca Palamara e ha chiesto che siano tagliati via 127 testimoni della difesa su 133. Comunque che non sia chiamato a testimoniare nemmeno un magistrato. Eppure tutta la difesa di Luca Palamara, si sa, consiste nel far raccontare ai suoi colleghi come funzionavano le nomine e il controllo della magistratura da parte delle correnti e del partito dei Pm. È chiaro che queste cose non possono raccontarle i cinque ufficiali della Finanza ammessi al banco dei testimoni. Non possono perché loro non sanno niente di come si nomina un Procuratore, o un aggiunto, o un presidente di tribunale, ed eventualmente di come si patteggia una sentenza favorevole al Pm in cambio della nomina di un giudice.

La Procura generale ha chiesto al Csm di affermare un principio che resti saldo come il cemento. Il principio che nessuno può processare la magistratura, nemmeno la magistratura. Il Csm ha accolto la tesi del Procuratore generale e ha seppellito il processo a Palamara. Il processo non ci sarà, a nessuno interessa sapere come vanno le cose in magistratura, Palamara deve essere condannato ed espulso dalla magistratura perché solo così si salva il silenzio e l’onore.

A questo punto sarebbe giusto e normale, in un normale Paese democratico, che intervenisse il Parlamento, nominasse una commissione di inchiesta con tutti i poteri di indagine, e iniziasse a interrogare tutti e 127 i testimoni chiesti da Palamara e rifiutati dalla Procura generale e dal Csm. Il Parlamento ha questo potere. Non possiede nessun altro strumento per contrastare o almeno contenere le arroganze e le sopraffazioni della magistratura, e difendere i cittadini. Lo farà? Non credo.

Intanto il povero Luca Palamara, capro espiatorio di professione, dopo essere stato per anni il punto di riferimento delle correnti dei Pm, è costretto ad affrontare un processo di tipo sovietico. Nel quale è evitato qualunque tentativo di accertare la verità, sono cancellati tutti i diritti della difesa, e il massimo a cui può aspirare è la richiesta di clemenza della Corte. In Unione Sovietica la clemenza della corte non ci fu mai. Non ci sarà neppure questa volta. C’è da tremare – tutti noi: tutti noi – di fronte a questa prova di forza, di autoritarismo, di totalitarismo, che la magistratura italiana sta offrendo al Paese e al mondo.

P.S. Ma la stampa? La stampa protesta, critica, denuncia? Oh beh, la stampa: che domanda cretina….

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.