Sicuramente c’è un giudice a Berlino, non è detto però ce ne sia uno anche a Roma, e in particolare a Palazzo dei Marescialli. Forse sì, forse no. Se il giudice c’è, allora il procedimento disciplinare contro Luca Palamara che si apre martedì prossimo si trasformerà nel processo del secolo alla magistratura italiana. Sarà un avvenimento clamoroso dal quale difficilmente la Giustizia uscirà con lo stesso volto con il quale è entrata. E forse sarà anche la fine della casta, cioè della casta dei Pm. Il ritorno al diritto. È possibile però anche che avvenga il contrario, e cioè che il giudice non sia un giudice ma solo un sacerdote della casta, e che si rifiuti di agire, e che trasformi il processo in un semplice e veloce rito di scannamento del capro espiatorio, cioè Palamara, senza nessuna pretesa di cercare la verità anzi con il fine dichiarato di seppellirla e salvare la casta e il vecchio satrapesco e ingiusto sistema della giustizia italiana, ormai da molti anni lontano mille miglia dallo Stato di diritto. In questo caso assisteremo al più grande strappo istituzionale della storia della Repubblica. Forse più grave del tentato colpo di Stato del 1964.

Perché se il Csm affosserà il processo – cioè si rifiuterà di convocare i testimoni chiamati da Palamara – allora sancirà l’assunzione di un potere incontrollato e prepotente, da parte della magistratura, incompatibile con qualsiasi idea di sistema democratico. Si entrerà nel regime, a pieno titolo, nel regime delle Procure. Speriamo che questo non avvenga, e che prevalga il senso di responsabilità. Ora cerchiamo di essere più precisi e di raccontare la trama di questo romanzo pieno di suspense. Martedì 21 luglio si avvia davanti alla commissione disciplinare del Csm il procedimento contro Palamara. Accusato di avere brigato coi colleghi e coi politici per addomesticare, anzi per decidere, le nomine in alcune Procure. In particolare alla Procura di Roma. Chiunque non sia un soldato di Davigo – o una persona molto molto ignorante – sa che Palamara sicuramente ha brigato, ma sicuramente insieme a lui lo hanno fatto alcune centinaia di magistrati, più precisamente Pm, che lo fanno da molti anni, che trattando tra correnti e capibastone hanno controllato l’intero sistema delle Procure, deciso Procuratori, aggiunti e sostituti.

Sa che questo sistema aveva una fortissima influenza anche sulla magistratura giudicante perché le carriere dei giudici dipendevano da questa organizzazione più o meno segreta, sa che il centro di tutta questa organizzazione era l’Anm, che è una associazione di dubbia costituzionalità, sa che attraverso questo sistema e il potere enorme che i Pm (il partito dei Pm) esercitava sui giudici si sono decise molte sentenze, sa che dentro questa storia sta anche la storia dell’inseguimento giudiziario a Silvio Berlusconi conclusosi con la sentenza Esposito, che oggi appare la più discutibile di tutte le sentenze dell’ultimo decennio. Sa, chiunque sa. Ora però esiste la possibilità di andare oltre il sapere generico e di trovare nomi, circostanze, prove, fatti concreti.

Perché Luca Palamara, che è stato processato dall’Anm praticamente in contumacia (gli è stato negato il diritto di parlare, cosa che non era mai avvenuta neppure nei processi durante il fascismo e non accadeva neanche nei processi staliniani: si tratta davvero di un fatto senza precedenti, credo, almeno degli ultimi due o tremila anni) ora ha chiesto di convocare al suo processo 133 testimoni. Chi sono questi 133? I nomi eccellenti che hanno guidato la giustizia nell’ultimo quarto di secolo. Alcuni sono chiamati per raccontare le malefatte degli altri, altri – parecchi – sono chiamati come correi. Se i testimoni saranno accettati assisteremo effettivamente al processo del secolo, e la magistratura dimostrerà di avere la capacità dello scatto di reni e dell’autocritica. Sarà però una procedura molto complicata perché molti dei testimoni e dei possibili imputati sono anche in giuria. A partire da Davigo, che dovrebbe presiedere la commissione giudicante.

Non è mai successo, credo, se non in qualche pezzo di letteratura, o in qualche film fantasioso, che prima che inizi il processo ci si accorga che una parte maggioritaria della giuria è sospettata degli stessi reati dell’imputato. E non si tratta di sospetti vaghi, si tratta delle intercettazioni (in parte pubbliche, in parte nascoste) del trojan a Palamara. Succede di più: non solo una parte della giuria fa parte del pacchetto dei tramatori, ma nel pacchetto dei tramatori c’è anche una parte, la parte più nobile e famosa, della tribuna stampa. Voi capite che guazzabuglio pazzesco?

Naturalmente c’è da chiedersi come si è potuto arrivare a tanto. E bisognerebbe chiedere conto, prima ancora che alla magistratura, alla stampa sottomessa, e al potere politico vile e incapace di svolgere il proprio ruolo. Ma oggi quel che conta non è capire le responsabilità, è accertarsi che il processo si faccia. Se si farà, probabilmente durerà almeno un anno, ma va bene così. Non sarà solo un processo, sarà il luogo costituente della vera riforma della magistratura, che certo non può essere il brodino appassito di Bonafede, ma deve essere una vera e propria rivoluzione, e che probabilmente dovrà essere accompagnata da una larghissima amnistia, perché saranno messe in discussione migliaia e migliaia di sentenze degli ultimi 25 anni.

Quante possibilità ci sono che questo processo si faccia? Dipenderà soprattutto dalla stampa. In realtà tutto il potere è lì, come lo è stato 25 anni fa quando, con Mani Pulite, iniziò la degenerazione della magistratura (in realtà era stata già avviata a metà degli anni 70 con la guerra alla lotta armata, ma non aveva raggiunto queste punte). Se nella stampa prevarrà ancora la lobby dei giornalisti giudiziari, niente da fare: ci sarà il golpe e vincerà il regime. Se i direttori riprenderanno il comando, allora le cose cambiano. E allora ne vedremo delle belle. Fontana, Molinari, Giannini e tutti gli altri: hic sunt leones.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.