Luca Palamara senza filtri all’incontro con l’Associazione Pensa. L’evento web multipiattaforma ha ospitato l’ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati che ha affrontato apertamente discussioni sulle correnti, sul trojan e sulla sua questione giudiziaria sollecitato dai relatori Alessandro Zampaglione, presidente Pensa, Rocco Curcio, avvocato penalista, Riccardo Guarino, presidente di Rinascimento Partenopeo, Valerio Maione, Docente di Diritto dell’Unione Europea presso l’università Vanvitelli, e Livio Varriale, Giornalista e Scrittore.
Ed è su questo ultimo punto che Palamara parte arrivando anche a gettare ombre sullo svolgimento delle indagini:

Sul mio cellulare non c’erano le prove di corruzione. Se questo è il reato più duro del quale sono stato accusato da cui sono stato già dichiarato innocente, resta adesso scoprire perché il Trojan non ha funzionato con tutti i magistrati, ma solo quelli della mia corrente.”

Altro aspetto fondamentale, secondo Palamara è che contestare le correnti oggi sia un po’ anacronistico visto che il tutto ebbe inizio nel 2007.

Anno in cui furono dati maggiori poteri ai Procuratori, al cui ruolo non si accedeva più per anzianità, bensì per valutazione del merito. Quella che noi chiamavamo legge Mastelli, facendo riferimento all’allora Ministro della Giustizia Mastella, ha creato una necessità all’interno della magistratura nel mettersi in evidenza per accedere ai ruoli più prestigiosi”.

Ed è qui che secondo l’ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati entra in gioco la politica.

La magistratura risponde a se stessa, ma è chiaro che la magistratura necessita di essere indipendente. Il CSM però rappresenta il luogo dove avviene l’incontro con la politica e l’ingresso del mondo esterno tramite i laici che sono nominati dalla politica ed è innegabile comunque che in magistratura ci siano colleghi che sono ideologicamente influenzati da questioni politiche, chi da questioni sindacali e chi invece da questioni di Stato”.

Palamara ci tiene ad approfondire la questione sul trojan e sull’origine dell’indagine da cui è nata Magistratopoli.

Trovarsi dall’altra parte, infettato dal trojan, spiato non solo per il procedimento penale su cui non hanno trovato niente, ma per motivi disciplinari, fa comprendere che, indipendentemente dalla mia situazione attuale, c’è bisogno di fare una battaglia ideologica e di civiltà giuridica per non consentire ulteriori abusi proprio come sono capitati al sottoscritto, dove anche le trascrizioni da parte della polizia giudiziaria sono state poco attendibili ed il funzionamento è stato parziale. Non confermo e né smentisco che ci sia stata una attività di intelligence dietro allo scandalo, leggerò le carte del processo e sicuramente sarò in grado di trovare le risposte sul perché sia scoppiato in questo modo”.