Tutto è stato detto e ripetuto da decenni sui mali della magistratura italiana. Una creatura alla Frankenstein sfuggita al controllo di chi l’ha creata nell’illusione di poterla controllare, dopo averla utilizzata. Attraverso azioni ed omissioni. A cominciare dalla politica, ovviamente. Come si fa quindi ad essere sorpresi dal caso Palamara? Le ragioni le ho spiegate in altro articolo di oggi sul Riformista. Invito chi avesse dubbi  a guardarsi l’intervento di Francesco Cossiga su Sky TG24, nel 2008 durante il quale demolì letteralmente Palamara.  Ma non si limitò a questo. Il Presidente della Repubblica emerito definì l’ANM – proprio lui che era stato il Presidente del CSM – un’”associazione sovversiva e di stampo mafioso”.  Oppure a leggere il libro “Magistrati. Ultracasta”, pubblicato ben undici anni fa a firma di Stefano Livadiotti. Un giornalista dell’Espresso, non del Riformista di Sansonetti. Tutto quindi è stato detto e ripetuto da decenni sui mali della magistratura italiana.

Da decenni si parla in Italia della riforma della giustizia. Ma per ragioni evidenti non dovrà essere la magistratura a fare la riforma di sé stessa. Bensì la politica. In ossequio a quella separazione dei poteri tanto cara a Montesquieu.  La politica sarà però incapace di realizzarla sino a che non saranno, con coraggio e determinazione, prese alcune indispensabili misure. Innanzitutto l’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale. Che è ormai un simulacro ed un’ipocrisia. È noto che è assolutamente impossibile perseguire tutti i reati che si scoprono, e che si finisce per perseguire solo quelli che interessano. Quindi, e da sempre, alcuni reati si perseguono ed altri no. E non c’è giustizia in questa discrezionalità sotto banco. La discrezionalità prevista per legge, invece, renderebbe le Procure della Repubblica più trasparentemente responsabili delle loro decisioni – che dovrebbero essere motivate – di esercitare o meno l’azione penale. E questo sulla base di politiche criminali predefinite, ma che possono mutare in funzione della mutevole pericolosità sociale, a seconda del momento, dei diversi reati. Evitando così – come accade invece oggi – che ai “nemici” si applichi l’obbligatorietà, ed agli “amici” il beneficio della prescrizione.

Appare poi evidente la necessità di allineare l’Italia agli altri Paesi civili del mondo, separando una volta per tutte le carriere dei PM da quelle dei giudici. Ma dovrebbe anche essere vietata ai magistrati la possibilità di ricoprire incarichi fuori ruolo. Nessun magistrato, ad esempio, dovrebbe prestare servizio al Ministero della Giustizia, perché esercita funzione di altro potere dello stato, cioé dell’esecutivo. Ma dovrebbe anche essere vietata la possibilità che magistrati ricoprano incarichi extragiudiziali, come gli arbitrati. Così come dovrebbe essere introdotto il divieto per un magistrato di rientrare in magistratura dopo una carica elettiva. Per non fargli perdere il diritto al mantenimento dell’impiego, basterebbe farlo transitare nei ruoli amministrativi del Ministero della giustizia, per esempio. Concedendogli, se necessario, persino il mantenimento del livello retributivo che aveva da magistrato.

Inoltre (e ora si scoperchieranno tanti sepolcri giustizialisti imbiancati) dovrebbe essere ripristinata l’immunità parlamentare per tutto il periodo del mandato elettivo. Come saggiamente avevano stabilito i padri costituenti, la cultura giuridica dei quali non era certo comparabile a quella dell’attuale Ministro della Giustizia. Immunità senza la quale non si potrà mai ridare alla politica l’indispensabile indipendenza che deve avere – nell’interesse di tutti i cittadini e non dei parlamentari – dall’uso della giustizia per altri fini, e dai ricatti mediatico-giudiziari che sono sotto gli occhi di tutti. Così come la Magistratura deve mantenere la sua autonomia ed indipendenza dalla politica. Last but not least, direbbero gli inglesi, deve essere riformato il Consiglio Superiore della Magistratura. Riforma della quale oggi – forse grazie a Palamara – da tutte le parti politiche si vede finalmente l’assoluta urgenza. Per mettere una volta per tutte al primo posto l’interesse degli utenti del servizio “giustizia”. Che sono i cittadini, e non i magistrati.

 

Senza queste misure – che sono certo alcuni riterranno fantasiose o estreme – sono convinto che non ci sarà alcuna speranza di arginare le metastasi di un cancro che devasta l’Italia da ormai troppo tempo. L’Ue considera la riforma della giustizia – e non solo penale, ma anche civile, amministrativa e tributaria – una delle priorità del nostro paese. Io credo che sia addirittura la prima riforma da realizzare. Perché considero il malfunzionamento istituzionalizzato della giustizia – cui non si può rimediare contando sull’eroismo silenzioso e quotidiano di tanti magistrati per bene, e neppure giustificarlo con qualche isolata mela marcia – la causa numero uno dei mali nostrani. A cominciare dalla scarsissima attrazione di capitali e investimenti esteri leciti in Italia. Più grave ancora della stessa criminalità organizzata. Perché è ormai noto a tutti che in Italia gli unici che hanno ben poco da temere da questo pazzesco e degenerato sistema, contrariamente alle persone per bene, sono i criminali incalliti.

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Da sempre Patriota italiano ed europeo. Padre di quattro giovani e nonno di quattro giovanissimi europei. Continuo a battermi perché possano vivere nell’Europa unita dei padri fondatori. Giornalista in età giovanile, poi Ufficiale della Guardia di Finanza e dirigente della Commissione Europea, alternando periodicamente la comunicazione istituzionale all’attività operativa, mi trovo ora nel terzo tempo della mia vita. E voglio viverlo facendo tesoro del pensiero di Mário De Andrade in “Il tempo prezioso delle persone mature”. Soprattutto facendo, dicendo e scrivendo quello che mi piace e quando mi piace. In tutta indipendenza. Giornalismo, attività associative e volontariato sono le mie uniche attività. Almeno per il momento.