Chi sono i marescialli della guardia di finanza che hanno gestito il funzionamento del trojan installato nel telefono di Luca Palamara? La richiesta è stata fatta questa settimana ai pm di Perugia Gemma Miliani e Mario Formisano, titolari del fascicolo aperto a carico dell’ex presidente dell’Anm, dai difensori di quest’ultimo, gli avvocati romani Benedetto Marzocchi Buratti e Roberto Rampioni. Non si tratta di una curiosità fine a sé stessa ma della probabile “chiave di volta” dell’indagine effettuata con lo strumento investigativo – costosissimo, circa 4000 euro al giorno – tanto desiderato dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e dal direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio. Andiamo con ordine.

Il trojan, il virus spia che trasforma il cellulare in un registratore, a differenza delle tradizionali intercettazioni telefoniche che registrano in automatico ogni telefonata in entrata e/o in uscita sull’utenza interessata, deve essere attivato manualmente. Da quello che è emerso, per le circa tre settimane di maggio dello scorso anno durante le quali lo strumento è stato in funzione, le attivazioni avvenivano nella fascia oraria del mattino, del pranzo, della sera. Il motivo? Secondo gli investigatori erano queste le ore dove Palamara era solito avere molti contatti. La pg delegata da Perugia all’ascolto era il Nucleo di polizia economico-finanziaria (Gico) della guardia di finanza di Roma. Nel 2019 il Nucleo era comandato dal colonnello Paolo Compagnone. Fra i suoi collaboratori, il colonnello Gerardo Mastrodomenico. Compagnone è adesso il comandante provinciale della gdf di Roma. Mastrodomenico, invece, è diventato il comandante provinciale di Messina. Le attività furono svolte nella caserma romana di via Virginio Talli.

Il trojan, una volta attivato, registra al massimo per cinque minuti e venti secondi. Poi si interrompe e riparte per altri cinque minuti e venti secondi. Secondo la società che ha affittato alla Procura di Perugia il trojan, la Rcs di Milano, fra una registrazione e l’altra l’interruzione, il “chunk”, è di circa un secondo. Invece, con grande sorpresa dei difensori di Palamara che stanno procedendo in questi giorni all’ascolto delle registrazioni, la durata dei chunk è di oltre venti secondi. Un tempo interminabile in un colloquio fra persone. Fatta questa premessa, vediamo qualcuno degli interrogativi degli avvocati di Palamara. Uno di questi è capire perchè il trojan non venne spento in occasione degli incontri programmati dell’ex componente del Csm con i parlamentari.

Erano stati gli stessi pm umbri, in una nota, a dare indicazioni di spegnere il captatore ogni qualvolta fosse coinvolto un parlamentare. Ed invece, ad esempio, la cena di Palamara del 28 maggio con i deputati del Pd Cosimo Ferri e Luca Lotti è stata registrata per intero. E restando in tema, il 9 maggio Palamara aveva fatto sapere che avrebbe cenato al ristorante romano Mamma Angelina con Giuseppe Pignatone e Michele Prestipino. Dalle 16 del pomeriggio il trojan risulterà spento. Si riattiverà solo l’indomani mattina. Come mai visto che era nella fascia selezionata dalla finanza? A quella cena con Palamara, si è poi saputo, non partecipò Prestipino ma l’ex procuratore di Roma e il giudice Paola Roja, presidente della sezione penale reati contro la PA, con i rispettivi compagni.

Ed ancora. Il maresciallo che ha gestito l’accensione e lo spegnimento del trojan è lo stesso che poi ha effettuato la trascrizione della conversazione? Diverse trascrizioni sono differenti dall’audio. C’è il caso dell’ex consigliere del Csm Corrado Cartoni di Magistratura indipendente. I giornali lo scorso anno pubblicarono delle sue frasi, relative ad una importante pratica della Prima Commissione ed a quella della nomina della Procura di Roma, mai pronunciate.
I quotidiani, poi denunciati da Cartoni e condannati, si sono basati sulla trascrizione del maresciallo rivelatasi errata.
Il 16 luglio è prevista a Perugia l’udienza stralcio. Gli avvocati di Palamara indicheranno quali colloqui trascrivere. Si preannunciano sorprese.