Sic transit gloria mundi. Nel ‘92-‘94 in Italia prese il potere un nucleo composto dal pool dei pm di Milano, da alcuni direttori di giornali e telegiornali, con annessi cronisti giudiziari: fu quello che uno scrittore francese chiamò “il circo mediatico giudiziario”. Conservarono il potere precedente alcuni signori dei poteri forti economico-finanziari. Entrarono in rampa di lancio per ereditare il potere politico della Dc e del Psi i cosiddetti “ragazzi di Berlinguer” (Occhetto, D’Alema, Veltroni e altri) e fino agli inizi del 1994 tutto filò liscio come l’olio. Malgrado il sistema di Tangentopoli coinvolgesse tutto e tutti, il circo mediatico giudiziario fece le opportune selezioni: Bettino Craxi dovette rifugiarsi in Tunisia, inseguito da avvisi di garanzia, insulti e monetine, successivamente Andreotti si salvò per il rotto della cuffia da una trentina d’anni di galera per l’omicidio Pecorelli e il concorso esterno in associazione mafiosa, gli altri leader di centrodestra della Dc come Forlani e Prandini furono liquidati, mentre la sinistra Dc fu salvata insieme al Pds nel suo complesso.

Sembrava che fosse aperta la via della conquista totale del potere da parte degli eredi del comunismo italiano. Passata però la prima fase di euforia, il gruppo dirigente del Pds, si trovò ingaggiato in uno scontro durissimo poi durato vent’anni con Silvio Berlusconi e la sua geniale invenzione di fondare un partito per tutti i centristi, i moderati, i liberali, e i socialisti riformisti, privati del rispettivo partito di riferimento. Per il Pds-Ds-Pd si è trattato di una via crucis, ancor più dolorosa in quanto inaspettata. L’establishment politico costituito da Ciampi, Prodi, Amato, D’Alema, Veltroni, Violante, con il concorso di menti assai raffinate come quelle di Andreatta, Bernabè, De Gennaro, Bassanini, si trovò ingaggiato in una rissa di piazza e di talk show con un personaggio senza il pedigree culturale di lorsignori ma che però costituì un enorme problema a ogni elezione: una volta vinceva lui e il centrodestra e un’altra Prodi e il centrosinistra ma nulla era mai certo e sicuro. Solo nel 2011-2013 a colpi di spread, di azioni giudiziarie che avevano il retroterra adesso evidente a tutti di interpretazioni retroattive della legge Severino, quell’insopportabile contraddittore fu ridimensionato e emarginato, ma fu sostituito da soggetti ancora più insopportabili come i grillini e la Lega nella versione Salvini.

Però in parallelo alla sovrastruttura politica partitica malgrado la contestazione berlusconiana il nucleo di potere giudiziario-mediatico costituito da alcune procure, da alcuni direttori di giornali e telegiornali con annessi cronisti giudiziari, ha mantenuto intatto quello che, per usare il linguaggio gramsciano, più che una egemonia è stato un autentico dominio perché dotato di poteri coercitivi e del massimo potere in assoluto, cioè quello di sputtanare la vita delle persone: Borrelli – che diversamente dal suo campiere Di Pietro ha sempre usato un linguaggio forbito – chiamò il tutto “la sentenza anticipata”. Però l’eccesso di potere finisce col dare alla testa anche ai cervelli più sofisticati. Per di più, il livello della classe politica dal 2018 in poi, si è sempre più abbassato, per cui sono arrivati al potere politico anche soggetti come i grillini, che certamente sono degli ultragiustizialisti ma che poi combinano incredibili pasticci nella gestione del potere, a cui inaspettatamente sono stati chiamati: vedi quello che sta combinando Bonafede come ministro di Grazia e Giustizia.

Di conseguenza, anche per questo vuoto della politica, un nucleo d’acciaio di pm distribuiti fra le varie correnti dell’Anm, avendo i loro cronisti giudiziari al seguito, avendo sbaragliato tutti gli altri concorrenti nella gestione del potere, sono entrati in rotta di collisione fra di loro. A quel punto, del tutto inaspettatamente, è scoppiato il dramma: emarginato Berlusconi, silenziati e totalmente subalterni per parte loro gli esponenti del Pd, usati e spremuti come limoni i fanatici e le tricoteuses del M5s, ecco che gli unici dotati di un enorme potere sono rimasti i vari signori della guerra, padroni delle procure, che hanno cominciato ad azzuffarsi fra di loro direttamente o per interposto sostituto, non guardando troppo per il sottile, anzi usando addirittura quell’arma segreta, le intercettazioni, non a caso difese da ogni tentativo di regolamentazione, intercettazioni non solo valide per fatti penali, ma ancor più quando riguardano la vita privata dei singoli.

La forza dirompente di quest’arma segreta è aumentata in modo esponenziale grazie alla tecnologia, perché a un certo punto si è passati dalla bomba a mano alla bomba atomica, nel senso che con l’uso del trojan è possibile non solo registrare le telefonate, ma anche ogni momento della vita privata dell’intercettato. È così avvenuto che l’immissione del trojan nel telefonino di Palamara ha avuto lo stesso effetto di un contagiato di coronavirus messo in una Rsa. A quel punto non sono emerse solo le telefonate di un “maneggione” che trattava le cariche, ma è andato a finire in piazza tutto un sistema, quello della contrattazione degli incarichi dei magistrati, realizzata fra capi corrente dell’Anm e plenipotenziari delle correnti dei partiti, con il concorso e la consulenza dei cronisti giudiziari. Questo sistema non è stato certamente inventato da Palamara ma è in atto almeno dagli anni Settanta con un degrado successivo perché è avvenuta una crescente estensione della lottizzazione e un forte depauperamento del confronto culturale tra le correnti assai vivo negli anni Sessanta e Settanta.

Ora non c’è niente di peggio che quando un potere riservato viene messo in piazza, oppure quando integerrimi padri di famiglia vengono ripresi da un cinefilo mentre insidiano la cameriera. Allora ecco allo stato la condizione della magistratura associata (sia ben chiaro, non di quella inquirente e giudicante che butta l’anima nei processi e nelle inchieste): è in una condizione assai simile a quella dell’Integerrimo signore con l’aggravante che adesso esiste un sistema di intercettazioni che mette in evidenza che quasi a ogni piano del Palazzo dei Marescialli si svolgeva la stessa scena con diversi protagonisti. Non crediamo che il problema possa essere risolto solo intimando ad abbandonare il caseggiato all’infuori o del terzo piano. Fuor di metafora, se la magistratura – parte della quale dagli anni Novanta sta gestendo il potere con una durezza e una arroganza straordinari, anche perché sostenuta da giornali, telegiornali e talk show, – pensa di risolvere il problema intimando a Palamara di abbandonare lo stabile mentre tutti gli altri rimangono al loro posto, fa un gravissimo errore perché non c’è niente di peggio, quando il re è nudo, spiegare invece che si tratta solo di un equivoco.

Diciamo tutto ciò perché, al di là delle miserie degli attuali detentori del potere mediatico-giudiziario che si trovano circa nelle stesse condizioni nelle quali essi stessi negli anni Novanta misero una larga parte della classe politica, c’è il problema del ruolo e del prestigio della magistratura che è fondamentale in una democrazia liberale e in uno Stato di diritto. Ora, il pm Di Matteo per vendetta si fa usare da Giletti, altri hanno teso a Palamara una imboscata per una contesa sulla assegnazione della Procura della Repubblica di Roma, non rendendosi conto che in quel modo facevano crollare tutto il Palazzo: al di là di questo e di altro, c’è il problema della magistratura e della sua credibilità. Se dopo aver ridotto, grazie al colpo del ‘92-‘94 la classe politica nelle condizioni che oggi vediamo, avviene la stessa cosa con la magistratura, non sappiamo proprio che fine farà l’Italia. Tutti coloro che oggi dileggiano Giuseppi, non si rendono conto che l’Italia si è dovuta aggrappare a un avvocato di medio livello perché aveva eliminato tutta la classe politica dotata di cultura e di credibilità.