L'editoriale
Magistratopoli, finisce tutto a tarallucci e vino: solo 10 imputati su 1.000 coinvolti
Magistratopoli si avvia alla conclusione. Il Procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, cioè il magistrato più in alto nella gerarchia della giustizia, ha annunciato che saranno presi provvedimenti molto severi nei confronti delle toghe che sono state coinvolte nello scandalo.
Cioè – uno potrebbe immaginare – nei confronti di un migliaio almeno di magistrati che hanno ottenuto, o chiesto, nomine, spostamenti, favori, prebende, benefit e altro. Giusto? O che hanno scambiato amicizia, intimità, frequentazione con la controparte (cioè i Pm coi giudici e viceversa, magari Pm e giudici dello stesso processo). Giusto? O che hanno usato l’Anm come strumento di potere, o di alleanze, o di strategie. E che forse hanno determinato, di conseguenza, sentenze o rinvii a giudizio non sulla base delle prove e degli indizi ma delle convenienze politiche o di potere, o dei teoremi. Giusto?
Beh, i provvedimenti chiesti da Salvi, non sono mille. Sono 10. Riguardano semplicemente quella cena in hotel con Luca Lotti che fu intercettata illegalmente dai Finanzieri romani. Punto. Magistratopoli si chiude qui. Aspettiamo ora di vedere se il Csm accoglierà o no le richieste di Salvi, se si accanirà come richiesto, il più fortemente possibile, sul capro espiatorio designato e sui suoi fratellini (parlo di Palamara, che è stato accusato ingiustamente di corruzione e poi, prosciolto, messo in croce per le sue manovre, allo scopo di farlo pagare per tutti) e se con un gigantesco colpo di spugna chiuderà il caso. Magistratopoli ci ha dimostrato una cosa semplicissima: che in gran parte il funzionamento della magistratura era illegale. È illegale. Non risponde alle leggi ma al potere. E i magistrati – in una percentuale da stabilire, ma di sicuro non piccolissima – non sono leali alla Costituzione (come Mattarella ha esortato a fare) ma alla propria corrente o al proprio capo corrente.
Ieri, in una intervista al nostro giornale, Luca Palamara ha spiegato come nacque e come funziona il partito dei Pm. Lo ha detto lui: partito dei Pm. E ha detto “come funziona”, all’indicativo presente, perché è ancora in buona salute quel partito, molto più dei partiti che boccheggiano in Parlamento. Luca Palamara ci ha spiegato, in parole povere, che il sistema giustizia, in Italia, vive nell’illegalità. Molti di noi lo sapevano già da parecchio tempo. Noi usiamo la formula “partito dei Pm”, beccandoci insulti vari, da molti anni. Chiunque fosse in buonafede (quindi non la stragrande maggioranza dei giornalisti giudiziari) sapeva benissimo come funzionavano le cose. Ora nessuno più può far finta di non saperlo. E la reazione qual è? “Se la veda la magistratura”.
È un suicidio questo. Non è ammissibile l’idea che la magistratura risolva da se stessa il problema della sua non-credibilità e della situazione di evidente illegalità (a me viene da parlare di eversione) nella quale vive. Non può il Parlamento restare lì a guardare. Si sono formate commissioni di inchiesta, in passato, per fatti infinitamente meno gravi. Questo scandalo è gravissimo, e mette in discussione anni e anni di processi e di sentenze, probabilmente in buona parte teleguidati e ingiusti. È inaudito che non si formi subito una commissione d’inchiesta, che non si azzerino gli incarichi, che non si riduca ai minimi termini il potere delle toghe nel Csm, che non si separino le carriere, che non si azzeri la situazione di illegalità attraverso una amnistia. Sarebbe bello, davvero, se fosse proprio la magistratura, in uno scatto di orgoglio, a chiedere queste cose. Per salvare il suo onore. Per rinascere. La magistratura, se è una cosa seria, deve pretendere che sia una autorità esterna a giudicare, deve rinunciare a giudicarsi da sola. Nessuno può giudicarsi da solo in uno stato di diritto.
P.S. se un pentito ha delle cose da dire, sa che fare: va in Procura e parla. Possibile che Palamara da mesi vada dicendo che lui ha tante cose da dire e nessuno vuole ascoltarlo? Lo abbiamo intervistato noi del Riformista, è stato facile. In commissione Antimafia stanno ascoltando mezzo mondo per risolvere gli insulti di Di Matteo a Palamara. E sul gorgo di fango che sta travolgendo la magistratura nessuno ha voglia di sentire i testimoni? Non ditemi che esagero se parlo di regime…
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