Il Consiglio superiore della magistratura ha deciso: per Luca Palamara serve un “turbo” processo. Dopo aver rigettato tutte le questioni preliminari poste dalla difesa dell’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, la sezione disciplinare di Palazzo dei Marescialli ha anche stravolto il calendario che era stato comunicato a luglio e che prevedeva udienze almeno fino alla fine dell’anno. Il nuovo calendario, comunicato martedì scorso, prevede udienze per le prossime tre settimane e la sentenza il 16 ottobre. Tempistiche che nulla hanno a che vedere con il processo, tanto per fare un esempio, a Ferdinando Esposito, figlio di Antonio, il presidente della sezione feriale della Cassazione che nel 2013 condannò in via definitiva Silvio Berlusconi, e nipote di Vitaliano, già procuratore generale presso la Corte di Cassazione. Il processo al dottor Ferdinando Esposito, giudice penale a Torino ed ex pm della Procura di Milano, iniziò nel lontano 2014 e ad oggi, per condotte illecite asseritamente commesse nel 2011, la disciplinare del Csm non ha neppure fissato l’udienza per le conclusioni.

Certamente a piazza Indipendenza avranno, come sempre del resto, una spiegazione al fatto che alcuni processi a distanza di un decennio dai fatti sono ancora in corso ed altri che, invece, vengono definiti in poco più di un anno da quando il procuratore generale ha esercitato l’azione disciplinare. Tralasciando per un momento ogni valutazione su come la sezione disciplinare presieduta dal vice presidente del Csm David Ermini organizza i calendari d’udienza, l’accelerazione del processo Palamara giustifica più di un sospetto. Secondo i ben informati delle dinamiche togate, il dibattimento sprint potrebbe avere due spiegazioni. Una è quella di concludere il dibattimento prima del pensionamento di uno dei giudici, e cioè di Piercamillo Davigo, previsto per il 20 ottobre. L’altra è quella di avere una sentenza alla vigilia delle elezioni per il rinnovo dell’Associazione nazionale magistrati, in calendario il 21 e 22 ottobre. Il turbo calendario fissato dalla sezione disciplinare rende molto difficile che siano ammessi i circa 130 testimoni della lista testi di Palamara. Le più rosee previsioni dicono che i testimoni ammessi saranno al massimo dieci.

Naufraga, dunque, la linea difensiva di Palamara che puntava ad affermare che il sistema della lottizzazione delle nomine non lo aveva creato lui. Nella lista dei testimoni figuravano politici, ministri, ex vice presidenti del Csm, capi delle correnti della magistratura, procuratori. E poi i consiglieri del Quirinale Stefano Erbani e Francesco Saverio Garofani. Oltre al segretario generale del Csm Paola Pieraccini che Palamara aveva chiamato a rispondere sulle fughe di notizie avvenute lo scorso anno a proposito dell’indagine di Perugia. Nella lista figurava anche Piercamillo Davigo. Per quanto riguarda l’esito, la radiazione dell’ordine giudiziario è ormai quasi certa. La Procura generale è intenzionata a chiedere il massimo della pena. E a ciò si deve aggiungere la forte e continua moral suasion del Quirinale sulla necessità di un “cambio di passo”.

Diverso, invece, il destino dei cinque consiglieri del Csm che erano coinvolti nella cena all’hotel Champagne con Palamara e i deputati Luca Lotti e Cosimo Ferri e da cui è nato tutto. Il loro processo avrà un calendario diverso ed inizierà solo quando sarà concluso quello di Palamara. Aver tenuto un bassissimo profilo, essere tornati in ruolo senza tanti problemi, ed essersi subito dimessi dall’Anm per evitare ulteriori polemiche e strumentalizzazioni sarà certamente valutato positivamente dalla disciplinare. Salvo, quasi certamente, anche Cosimo Ferri. Palamara, a differenza loro, aveva deciso di indossare l’elemetto e lanciarsi in una battaglia persa in partenza. Ad assisterlo in questa missione impossibile, Stefano Giame Guizzi, consigliere di Cassazione, e uno dei massimi esperti di disciplinare. Di quelli coinvolti nel “Palamaragate” sarà probabilmente l’unico a pagare. Ma la sua condanna sarà necessaria per salvare la credibilità della magistratura, in caduta verticale da tempo. Domani mattina, comunque, la prima udienza del turbo processo a Palazzo dei Marescialli.