Alfredo Robledo, ex magistrato, già Procuratore Aggiunto alla Procura di Milano, ha ribattezzato Piercamillo Davigo. Il “dottor Sottile” di Mani Pulite, “PierCavillo”, ex consigliere del Csm, in pensione, ed ex membro della corrente Autonomia&Indipendenza, al centro del caso della presunta loggia Ungheria avendo lui ricevuto gli atti degli interrogatori dell’avvocato siciliano Piero Amara dal magistrato milanese Paolo Storari senza consegnarli formalmente al Consiglio. Robledo lo ha soprannominato “Pieranguillo” per come si è divincolato alle domande dei giornalisti sul caso.

E soprattutto lo ha inchiodato alla sua responsabilità, alle parole di Davigo, quelle secondo le quali seguire le vie formali, e quindi consegnare gli atti al Consiglio – oppure denunciare la vicenda, come ha fatto per esempio il consigliere Nino Di Matteo -avrebbe “comportato il disvelamento della vicenda”. In un’intervista a Il Foglio Robledo osserva: “Non è vero, non solo perché c’è una delibera del Csm che dice il contrario, ma per una questione di principio che è l’esatto opposto: è proprio la procedura formale a garantire il segreto. Qui Davigo sbaglia clamorosamente. Doveva dire a Storari di consegnare gli atti al comitato di presidenza del Csm. La via prevista è quella lì”.

Quella che era la segretaria di Davigo, Marcella Contrafatto, è accusata di aver inviato quegli atti ai quotidiani Il Fatto Quotidiano e La Repubblica. Davigo ha informato, nella trombe delle scale del Csm, anche il Presidente della Commissione Antimagia Nicola Morra. Mai formalmente nessuno. Il magistrato Paolo Storari è stato interrogato a Roma, si è detto sereno e ha aggiunto che ha consegnato le carte a Davigo a Milano, quindi l’inchiesta potrebbe passare a Brescia. Gli avvocati hanno dichiarato: “Riteniamo perfettamente legittimo e conforme a legge quanto accaduto. Tecnicamente il dottor Davigo era persona autorizzata a ricevere quegli atti, tale si era qualificato, e in tal senso aveva autorizzato il dottor Storari”.

Sull’“inerzia” della Procura di Milano che ha portato Storari a far trapelare quei documenti Robledo ha osservato: “Si parla di cinque mesi di attesa per fare un’iscrizione nel registro degli indagati: è un tempo inaccettabile. Secondo il codice di procedura penale bisogna iscrivere immediatamente quando c’è un indizio perché da quel momento decorrono i tempi di chiusura dell’indagine. È una norma a garanzia dell’indagato”. Il Procuratore di Milano Francesco Greco al momento non ha spiegato i motivi di tale ritardo. Il Foglio suggerisce sullo sfondo della vicenda il processo Eni, in cui la Procura voleva portare l’avvocato siciliano Amara come testimone. Processo finito con i 15 imputati tutti assolti.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.