Il sindacato delle toghe cambierà presidente
Santalucia lascia l’Anm: “No a personalismi, riforma vuole condizionare magistratura. Assoluzione non significa che processo non andava fatto”
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Anni segnati da continue critiche alla riforma della giustizia, a minacce di scioperi, a parallelismi con altri settori che non stanno in piedi (come quello con il mondo sanitario). Giuseppe Santalucia, presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, lascia la guida del sindacato (“per evitare ogni personalizzazione“) annunciando che alle prossime elezioni non si presenterà. E lo fa in una intervista al Corriere della Sera dove rivendica “quattro anni di impegno intensissimo e faticoso, seppure molto gratificante, sono sufficienti, e credo che nella difesa dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura occorra evitare ogni personalizzazione. Perciò è giusto che altri prendano le redini della rappresentanza”.
Settimane ad alta tensione quelle vissute dell’Anm che prima ha minacciato lo sciopero contro la riforma della giustizia di Nordio, poi lo stesso Santalucia ha tirato un sospiro di sollievo quando non è passata in Commissione giustizia la giornata in memoria degli errori giudiziari (ve lo ricordate il caso Zuncheddu?). Infine negli ultimi giorni della scorsa settimana una doppia mazzata per le procure italiane: prima il proscioglimento dell’ex premier Matteo Renzi nell’inchiesta sulla fondazione Open a Firenze, poi l’assoluzione del vicepremier Matteo Salvini nel processo Open Arms di Palermo.
Per Santalucia queste sentenze dicono “che i giudici valutano prove e fatti ed emettono un giudizio in linea con quanto emerso dai processi – prosegue -. Ma un’assoluzione non significa che il processo non andava fatto; solo nei regimi illiberali, in cui i pubblici ministeri sono orientati dal potere e i giudici non si permettono di dissentire, i processi si concludono sempre con le condanne”. Sull’uso politico della giustizia, denunciato sia dal mondo politico che da quello degli avvocati, Santalucia resta “basito” e associa queste accuse ad un unico fine: “Sono tutte forme surrettizie per arrivare all’esito sotteso alla separazione delle carriere di pm e giudici – spiega – : controllare e condizionare il pm, che, rischiando una richiesta di danni a fronte a un’eventuale assoluzione, finirà per chiedersi chi glielo fa fare”.
In sintesi per Santalucia la riforma della giustizia del governo è “un progetto che serve a introdurre forme di condizionamento della magistratura. Le polemiche giovano a perseguire il vero fine della riforma, che è il controllo soprattutto dei pm, per incidere sulla scelta di quali processi si debbano fare e quali no”.
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