“Il governo Draghi è tra quelli con cui abbiamo più dialogato? Sì, vero. Ma è anche quello che ha più disponibilità economica, circa 200 miliardi e questi soldi secondo noi non vanno dove dovrebbero andare, cioè a ridurre le disuguaglianze sociali”. Pierpaolo Bombardieri, leader della Uil, ha il merito di ridurre all’essenza le ragioni di uno sciopero che, alla fine, è la rivendicazione soprattutto di una “soggettività politica” del movimento sindacale che cerca di coprire gli spazi lasciati liberi dalla politica imbarcata tutta nella larga maggioranza del governo dei migliori. Se il paradosso più evidente è quello di trovare Cgil e Uil dalla stessa parte di Fratelli d’Italia, l’obiettivo di Cgil e Uil è al contrario quello di diventare il soggetto politico che fa opposizione al governo ma da sinistra.

Landini e Bombardieri hanno spiegato ieri in una affollata conferenza stampa cosa li ha spinti a proclamare uno sciopero generale che non poteva essere più divisivo. Lo strappo è triplo: con il governo; con la maggioranza e rispetto all’unità sindacale. La Cisl di Sbarra lo giudica “inopportuno” perchè “è sbagliato in questa fase radicalizzare il conflitto” e se ne chiama fuori. Non succedeva dal 2014 quando la Cisl non andò in piazza contro il job’s Act del governo Renzi. In queste ore non c’è stato alcun contatto con Palazzo Chigi. Dallo staff di Draghi è trapelata “incredulità” per la scelta fatta visto che “nessun governo ha mai destinato così tante risorse al sociale”. E visto che in questi mesi Cgil, Cisl e Uil hanno varcato il portone di palazzo Chigi e si sono riuniti nella Sala Verde con una frequenza quasi mensile. Un “dialogo e un confronto continuo” tanto quanto con le forze di maggioranza e i gruppi parlamentari. L’esecutivo Draghi rivendica il suo “profilo sociale”.

La lista degli interventi è lunga. Ed incrocia il Pnrr e la legge di bilancio. Restando solo alla Manovra in discussione in questi giorni al Senato, ci sono quattro miliardi per l’occupazione e il mercato del lavoro, a cominciare dalla riforma degli ammortizzatori sociali, da un’emergenza di cui nessun governo riusciva a venire a capo. Sempre nella Manovra ci sono 3,5 miliardi per la Sanità (al netto dei 9 nel Pnrr), tre miliardi per contrastare il caro-bollette (a cui si aggiungeranno altri 300 milioni), la riforma dell’assetto unico per le famiglie, la revisione del Reddito di cittadinanza. E poi il decreto sulla sicurezza nei luoghi di lavoro con norme più severe per i datori di lavoro e più personale per gli ispettorati del lavoro. Infine la promessa di incardinare entro la fine dell’anno e proprio con i sindacati la discussione sulla riforma delle pensioni, l’eterna incompiuta – o compiuta male – di ogni governo degli ultimi vent’anni. E l’approvazione del decreto contro le delocalizzazioni. Ma il fiore all’occhiello, dal punto di vista di palazzo Chigi, è il primo capitolo delle riforma fiscale, gli 8 miliardi che la legge di bilancio destina al taglio delle tasse. Sette miliardi per ridurre le aliquote Irpef che passano da cinque a quattro. Un miliardi per l’Irap dei lavoratori autonomi. Ma proprio su questo punto si è consumata nei giorni scorsi la frattura con Landini e Bombardieri.

Secondo Cgil e Uil infatti il taglio delle aliquote Irpef per lavoratori dipendenti e pensionati non difenda abbastanza i redditi più bassi. Tabelle alla mano, il Mef ha dimostrato che non è così. Quasi la metà dei 7 miliardi (3,3) va ai redditi fino a 28 mila euro; circa 2,7 alla fascia tra 28 e 50 mila euro; un miliardo per le due fasce restanti. Il punto è che la prima fascia, la più bassa, è anche quella più affollata con 32,7 milioni di contribuenti. Ecco perchè alla fine risulta più basso il beneficio annuo derivato dal taglio dell’Irpef (pari a 150 euro). Nell’ultima riunione, giovedì scorso, Draghi ha allora proposto “un contribuito di solidarietà”: congelare il taglio dell’Irpef ai redditi superiori ai 75 mila euro per redistribuire alla fasce più basse. Ma la proposta del premier è finita in minoranza: contrari Fi, Lega, Iv, un pezzo di 5 Stelle e anche un pezzetto di Pd perchè sarebbe stata una forma di “patrimoniale”; favorevoli Leu, la maggioranza Pd e quel che resta del Movimento. A quel punto Draghi ha ritirato il “contributo di solidarietà” ed è intervenuto ugualmente a favore dei redditi più bassi con nuovi sgravi fiscali pari a un miliardo e mezzo e altri 300 milioni contro il caro bollette. Alla fine, insomma, il Presidente del consiglio ha trovato nelle pieghe del pieghe del bilancio quello che serviva per bilanciare versoi il basso i benefici del taglio delle tasse.

“E’ grave – ha detto ieri Landini – che sul contributo di solidarietà il Presidente del consiglio sia stato messo in minoranza dalla sua stessa maggioranza”. Sette miliardi in meno di Irpef da pagare non sono sufficienti, per Cgil e Uil, perché dalla pandemia non si esce con le stesse ingiustizie, ma con nuovo modello sociale e di lavoro. L’obiettivo è la costruzione di una nuova giustizia sociale ed economica”. Tutto molto “pretestuoso” dicono fonti di governo. Nella maggioranza Lega, Fi e Iv attaccano la decisione dello sciopero. Il Pd è in imbarazzo. Ma anche Leu non sa bene cosa dire visto che la legge di bilancio è stata esaminata in decine di riunioni con tutti i responsabili economici e politici dei partiti di maggioranza. Palazzo Chigi ufficialmente tace. Non si esclude che Draghi possa comunque convocare il tavolo sulla riforma delle pensioni proprio prima del 16 dicembre. “Lo sciopero non esclude il dialogo” ha messo le mani avanti Landini. Si chiama posizionamento politico di leader sindacali a cui va stretto il proprio ruolo istituzionale.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.