Tumore. È senza dubbio fra le parole che mettono più paura, terrorizzano, paralizzano. Ma la ricerca non si fa intimidire e non si paralizza, corre veloce per battere sul tempo l’ospite più temibile. E se parliamo di cancro, qual è la situazione? Ce lo dicono i numeri: nel corso del 2022 è stato calcolato che in Italia vi siano state circa 391.000 nuove diagnosi di tumore, di cui quasi 205.000 fra gli uomini e 186.000 fra le donne. La sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è del 65% per le donne e del 59% per gli uomini. Sono 3,6 milioni gli italiani guariti dopo una diagnosi di tumore. Nel 2021, invece, ci sono stati 181.300 morti a causa di un tumore. Per quanto riguarda la prevenzione: sono 5,8 milioni le persone che si sono sottoposte a screening e 13 milioni quelle invitate a screening oncologici. A passare ai raggi X i dati sui tumori, al microfono del Riformista c’è Giulia Veronesi, professoressa associata di Chirurgia toracica all’Università San Raffaele di Milano e direttrice del programma strategico di Chirurgia Robotica Toracica nello stesso nosocomio.

Professoressa Veronesi, iniziamo dai numeri: qual è l’incidenza dei tumori oggi in Italia?
«Se parliamo di mortalità, al primo posto c’è il tumore al polmone, segue quello al colon, poi alla mammella e infine il tumore alla prostata. Come incidenza, dobbiamo differenziare tra uomini e donne. Nell’uomo il tumore più diffuso è quello prostatico, nella donna il tumore alla mammella. Mentre tutti i tumori segnano una graduale discesa della mortalità negli ultimi anni, il tumore del pancreas è l’unico che non compare in questa curva. Oggi il tumore che fa più paura per la sua aggressività e la sua prognosi negativa è il tumore al pancreas. Per fortuna, è meno frequente del tumore al polmone».

La prevenzione di quanto aumenta le possibilità di salvarsi da un tumore?
«Oggi gli screening oncologici sono applicati su larga scala al tumore della mammella, della cervice uterina e del colon-retto. Questi tre tumori hanno un grosso beneficio dalla diagnosi precoce: la prognosi cambia in modo radicale. Nel tumore della mammella addirittura la sopravvivenza è arrivata oltre il 90% grazie allo screening con mammografia, il tumore colorettale oltre il 60%, il tumore della cervice uterina ha avuto grande beneficio dall’introduzione dei vaccini. Vaccinare le ragazze sopra i tredici anni, ci permette di debellare proprio il principale fattore di rischio, ovvero l’infezione da Hpv. Nelle donne adulte, la prevenzione viene fatta con il pap-test. Implementare lo screening del tumore polmonare dovrà essere la prossima tappa della agenda politica».

E poi c’è il tema della prevenzione primaria, giusto?
«Sì. Vuol dire ridurre i fattori di rischio legati agli stili di vita: primo tra tutti il fumo. Poi, l’obesità, l’alimentazione scorretta, l’inattività fisica. Poi si dovrà agire sull’esposizione agli inquinanti atmosferici».

Oggi, il tumore al polmone è ancora considerato un big killer?
«Purtroppo sì, è la prima causa di morte per cancro in Italia, e negli altri stati europei, ci sono ancora 32mila morti l’anno per tumore polmonare. La buona notizia però è che esistono almeno due aree di sviluppo per ridurre l’impatto sulla mortalità. Una è nell’ambito della diagnosi precoce, cioè lo screening del tumore del polmone con la tac spirale a bassa dose di radiazioni, nei soggetti a rischio asintomatici. In particolare al San Raffaele, che ha iniziato da tempo il percorso di accreditamento per il Comprehensive Cancer Center, è attivo uno screening del tumore del polmone con la tac spirale, metodica che permette di identificare i tumori in fase iniziale e indirizzare i pazienti rapidamente ai colleghi della pneumologia interventistica per la diagnosi e la stadiazione. Per i tumori in fase iniziale l’intervento chirurgico può essere risolutivo con grandi probabilità. La seconda area, invece, riguarda il campo delle terapie sistemiche dei pazienti con tumore in stadio localmente avanzato o metastatico. Infatti il tumore polmonare è un tumore silente che al di fuori dello screening viene spesso diagnosticato in fase avanzata. L’immunoterapia ci permette di ottenere una vera e propria cura a lungo termine anche in una certa quota di pazienti con malattia non più iniziale».

Quanto incide sulle cure scoprire il tumore in fase iniziale e quindi diagnosticarlo precocemente?
«Incide moltissimo perché quello polmonare è un tumore silente che non dà segni di sé fino a quando non ha colpito altri organi o non ha invaso strutture vicine al polmone. Questo vuol dire che se troviamo una strategia per scovarlo in fase iniziale, come per esempio sottoporre una popolazione a rischio allo screening, cambia la prognosi e anche la cura. Si fa a quel punto un trattamento solo locale, di solito con la chirurgia robotica che è poco invasiva ed è radicale».

Qual è la “popolazione a rischio” che dovrebbe sottoporsi a screening preventivo dei polmoni?
«È raccomandato nei soggetti forti fumatori o ex forti fumatori che abbiano smesso di fumare da meno di quindici anni con un’età superiore ai 50 anni, perché prima dei 50 anni il tumore del polmone è veramente molto raro e capita più per familiarità che per il fumo. Questi soggetti a rischio dovrebbero sottoporsi a una tac periodica ogni uno, due o tre anni».

Professoressa, quanto incide il fumo nel tumore al polmone?
«Tantissimo: nelle donne l’80% di tumori al polmone sono da fumo, negli uomini arriviamo al 90%. Vuol dire che solo un tumore al polmone su dieci non è legato al fumo».

Ci racconta le maggiori novità in tema di ricerca per la cura dei tumori?
«Grossi passi avanti si sono fatti con l’immunoterapia. Si è scoperto che i tumori producono delle sostanze che inibiscono il nostro sistema immunitario. I linfociti, cioè le cellule T, si paralizzano e non combattono più il tumore (causa della paralisi stessa). Riattivando le cellule con delle terapie mirate, si restituisce la capacita di combattere il tumore. Questa linea di ricerca è molto promettente e ricca di novità, e ogni giorno si scoprono farmaci nuovi e nuovi target. Parlando di tumori iniziali trattabili con chirurgia, recentemente è stata dimostrata l’efficacia della resezione parziale che risparmia tessuto sano quindi la segmentectomia invece della lobectomia. I tumori polmonari inferiori a 2 centimetri, tipicamente quelli riscontrati con lo screening, possono essere trattati con un intervento conservativo di precisione mediante robot chirurgico. Al San Raffaele abbiamo introdotto la segmentectomia robotica con verde di indocianina e la ricostruzione tridimensionale alla Tac garantendo una radicalità oncologica con approccio mininvasivo e conservativo».

Lasciamo l’Ospedale e trasferiamoci nelle stanze della politica. Spesa sanitaria e agenda del Governo. Come siamo messi?
«In Italia la spesa sanitaria è più bassa che nel resto d’Europa, siamo intorno al 9,6% contro il 10,9% dei paesi europei. Quindi, spendiamo meno in assoluto per la salute ma abbiamo una spesa più alta per i tumori: il cancro costa 348 euro pro capite. Un altro dato interessante è che nonostante spendiamo meno per la salute, abbiamo un’aspettativa di vita alla nascita che è di 82,4 anni contro gli 80,6 riscontrati nel resto d’Europa. Mediamente gli italiani vivono due anni in più, nonostante spendano meno in salute. È auspicabile che la politica intervenga. Siamo indietro sulla prevenzione primaria, sulle politiche antifumo anche rispetto al resto d’Europa. Bisogna accelerare sulla prevenzione del tumore polmonare con lo screening dei fumatori: a oggi non esiste ancora un programma nazionale, sebbene esistano degli studi pilota grazie ai quali iniziamo a vedere qualche movimento anche all’interno della nostra politica».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.