Negli scacchi si definisce “arrocco”: una mossa prettamente difensiva che mira a preservare la pedina più importante, il Re. È esattamente questo il senso della nomina, fatta da Palazzo Chigi, dell’ambasciatore Piero Benassi come autorità delegata di sicurezza, ossia sottosegretario con la delega ai Servizi segreti.

Dopo mesi di frizioni con gli alleati di governo (eufemismo) Conte lascia quindi la delega ma la nomina di Benassi spiega molto del periodo convulso e apre scenari nuovi. È la prima volta che una “feluca” ricopre un ruolo politico così rivelante. La narrazione di Palazzo Chigi, che lo presenta come una replica di William Burns (ambasciatore Usa) appena nominato da Joe Biden al vertice della Cia è fuorviante.

Se in passato i diplomatici anche in Italia accedevano ai piani alti dei Servizi, come l’ambasciatore Massolo che fu direttore del Dis e molti anni prima l’ambasciatore Fulci capo del Cesis, a Benassi invece è riservato uno slot politico. E non potrebbe essere diversamente nella concezione “privatistica” che Conte ha dei Servizi. Lo ha sillabato con rara precisione nell’aula del Senato martedì scorso nel corso del voto di fiducia: «Mi avvarrò della facoltà di assegnare un’autorità delegata di Intelligence sui Servizi, una persona di mia fiducia».

Se qualcuno si aspettava un cambio, una gestione più “sistemica” e meno personale degli apparati di sicurezza oggi mastica amaro. Perché Benassi, al di là della lunga carriera tra Berlino, Cuba e Bruxelles, è insieme il testimone e l’esecutore dello scarto “sovranista” dell’avvocato del Popolo in politica estera.

Ma andiamo con ordine. I diplomatici in casa Benassi sono due. Il secondo è Andrea, fratello di Piero, oggi a capo delle relazioni esterne di Iccrea, il più grande gruppo bancario cooperativo, erede delle casse rurali e artigiane italiane. Andrea, dopo una lunga permanenza a Bruxelles, non disdegna visite a Chigi da quando il germano siede alla destra del Presidente.
I “superpoteri” affidati a Benassi creano un precedente non gradito alla struttura della Farnesina dove negli ultimi tempi l’ambasciatore aveva espresso il desiderio di tornare come segretario generale al posto dell’attuale ambasciatrice Elisabetta Belloni. La nomina crea nei fatti, spiegano fonti ben informate, una sorta di doppia diplomazia dipendente direttamente dall’inquilino di Chigi.

Ma la vera questione politica che spiega l’arrocco di Conte è presto detta. Non c’è dossier diplomatico in cui Benassi non abbia lasciato le sue impronte: nei rapporti, altalenanti con la Libia tra i due signori della guerra, Al Serraj e Haftar, sulla Cina, la Via della Seta e il colosso Huawei, nel rapporto con il regime di Putin con l’indimenticabile parata propagandistica russa in pieno lockdown, fino all’irrituale e ancora misteriosa visita di William Barr, inviato di Trump a Roma per raccogliere chissà quali dossier che gli avrebbero potuto dare un vantaggio sugli sfidanti democratici. Benassi, dicono fonti ben informate di Palazzo Chigi, ha gestito ogni aspetto di quella missione rimasta rigorosamente top secret. E sulla quale il Copasir ha deciso un supplemento di inchiesta.

Detto poco diplomaticamente, la domanda che galleggia come una mina su questa crisi di governo è la seguente: cosa ha chiesto (e in caso ottenuto) Donald Trump da Giuseppe Conte nell’estate del 2019? Informazioni riservate, leggasi spazzatura, su Joe Biden e la sua famiglia?

Un interrogativo lecito visto che nelle stesse settimane, tra luglio e agosto, l’inviato di Trump, William Barr, girava come una trottola dall’Ucraina all’Australia all’Italia alla ricerca di dossier per fare a pezzi il candidato democratico. “Fammi un favore”, disse l’ex-inquilino della Casa Bianca al Presidente ucraino Voldymyr Zelinski. Quel favore era fornire a Barr prove di corruzione contro Biden e il figlio Hunter. Zelinski si sottrasse, quelle telefonate furono rese note e l’intera vicenda costò a Trump l’avvio della procedura di impeachment.

La tempistica suggerisce una pista che se confermata aprirebbe un baratro nei rapporti tra Palazzo Chigi e la Casa Bianca di Biden. A questa domanda Benassi potrebbe dover rispondere al Copasir che ha convocato il vertice di Palazzo Chigi. Un battesimo del fuoco per il neo-zar dell’intelligence, la cui audizione potrebbe scivolare in un atto unico degno di Zelig: l’autorità delegata di sicurezza, Benassi, dovrebbe rispondere su un’attività svolta dall’ambasciatore Benassi. Ecco spiegato l’arrocco di Conte. Una nomina fatta per blindare se stesso.

Intanto proprio sul versante intelligence ieri l’Italia è stata declassata dalla nuova amministrazione Biden. Il neo-consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, ha reso noto di aver fatto un giro di telefonate tra le varie capitali alleate: Francia, Germania, Regno Unito e Giappone.

Nelle stesse ore, con un piede nella palude del Senato dove di “responsabili costruttori” non pare esserci nemmeno l’ombra, Palazzo Chigi chiudeva il cerchio delle nuove nomine dei vice-direttori degli 007. Che disastro, Mr. Conte!