Non sembrava possibile ma gli ultimi tre governi regionali e le relative assemblee regionali sono riusciti ad oscurare un fenomeno letterario planetario. Se un siciliano dei giorni nostri sente la parola “commissario” non pensa più al glorioso Montalbano, frutto del genio di Andrea Camilleri, ma a quei signori che governano i Liberi Consorzi siciliani ormai da più di dieci anni. Tutto iniziò con la legge Crocetta – Giletti (annunziata urbi et orbi nel corso di una “comparsata” dell’allora presidente della Regione in una famosa trasmissione televisiva) che nel 2013, ancor prima della riforma statale successivamente varata con la legge Delrio, abrogò le vecchie province regionali sostituendole con i liberi consorzi e diede il là al commissariamento degli enti. Nell’aprile 2014 il parlamento licenziò la legge Delrio che ebbe ad oggetto l’istituzione e la disciplina delle città metropolitane e la ridefinizione del sistema delle province, i cui organi di governo sarebbe stati, come effettivamente in tutta Italia fu, frutto di elezioni di secondo livello, ossia di sindaci e di consiglieri comunali.

In Sicilia, invece, iniziò una serie di proroghe di elezioni (quelle di secondo livello) e dunque di commissariamenti degli organi di governo delle ex province che non ha ancora trovato fine. Ma tanto il commissario Montalbano era ligio alla legge quanto i governi regionali e le assemblee regionali sembrano infischiarsene, della legge e pure della Costituzione. Infatti, tra una proroga e l’altra, l’assemblea legislativa siciliana ha deliberato nel 2017 una normativa tendente a reintrodurre nell’ordinamento regionale l’elezione diretta del Presidente del libero consorzio comunale e del Consiglio del libero consorzio comunale nonché del Sindaco metropolitano e del Consiglio metropolitano, ma la Corte Costituzionale, con la sentenza n.168 del 2018, ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale per violazione dei principi contenuti nella legge statale (la Delrio) che costituiscono norme fondamentale delle riforme economico sociali, limite invalicabile anche all’esercizio delle potestà legislative regionali. In altre parole, finché sarà in vigore la legge statale resterà precluso alle Regioni, anche a quelle a Statuto speciale, di legiferare sul punto delle elezioni dirette del Presidente e dei Consiglieri degli enti di scala vasta.

Nonostante la sonora bocciatura costituzionale, il governo Musumeci, subentrato a Crocetta alla fine del 2017, e quell’assemblea regionale hanno continuato a prorogare le elezioni di secondo livello (le uniche costituzionalmente legittime), e dunque i commissari nominati in sostituzione degli ordinari organi dell’ente, sino a che nell’ottobre del 2022 il governo Draghi ha impugnato l’undicesima proroga. Un commissariamento più duraturo di tanti colpi di Stato. Com’era prevedibile da ogni persona di buon senso, la Corte Costituzionale, con sentenza n.126 del 2023 ha dichiarato illegittima l’ennesima proroga, definendola “l’ultimo anello di una catena di rinvii”, che dal 2015 a oggi hanno continuamente posposto lo svolgimento delle elezioni di secondo livello in tal modo impedendo la costituzione degli organi elettivi dei liberi Consorzi. La Corte ha concluso che “a tale situazione deve essere posto rimedio senza ulteriori ritardi, attraverso il tempestivo svolgimento delle elezioni dei Presidenti dei liberi Consorzi comunali e dei Consigli metropolitani, affinché anche in Sicilia gli enti intermedi siano istituiti e dotati dell’autonomia loro costituzionalmente garantita, e si ponga fine alla più volte prorogata gestione commissariale”.

Non ancora paghi di avere reiteratamente violato la Costituzione e sospeso da oltre un decennio la democrazia nella governance dei liberi Consorzi, nei giorni scorsi il governo Schifani ha portato in aula un disegno di legge per l’elezione diretta del Presidente e dei consiglieri dei liberi consorzi con la sussurrata ed inconfessabile promessa del governo statale di non impugnare la legge, ossia di lasciare in vita una legge ed un’elezione diretta già giudicate incostituzionali. Alla prova dell’aula, tuttavia, l’incostituzionale riforma Schifani è stata bocciata ma non, come sarebbe stato lecito attendersi, da parlamentari regionali che brandivano la Costituzione al momento del voto bensì da quegli stessi parlamentari regionali incappucciati dal voto segreto che hanno regolato i conti, in uno scontro tra bande da fare impallidire quelli della Magliana, con la precedente bocciatura della legge “salva ineleggibili” e con la più sfrontata lottizzazione dei direttori generali delle Aziende sanitarie che la Sicilia ricordi. Frattanto sono trascorsi diversi mesi dalla sentenza con cui la Corte Costituzionale ha stigmatizzato gli undici rinvii delle elezioni di secondo grado ammonendo che “a tale situazione deve essere posto rimedio senza ulteriori ritardi, attraverso il tempestivo svolgimento delle elezioni” e, bocciata la riforma Schifani, nessun ulteriore ostacolo dovrebbe essere frapposto alle elezioni di secondo livello che ridarebbe rappresentanza agli organi di governo dell’ente e, speriamo, soluzione ai tanti problemi che le gestioni commissariali non hanno saputo affrontare.

Maurizio Dipietro

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