Lo scenario
Autonomia differenziata, così l’Italia torna indietro di secoli
Il ministro Calderoli mette a segno un altro colpo che passerà alla storia. Se sarà nel bene o nel male è tutto da vedere. Dopo aver messo il suo sigillo su una delle peggiori leggi elettorali italiane, oggi dà nuovamente il meglio (o il peggio) di sé
L’immarcescibile e sempiterno ministro Calderoli non smette di stupirci e dopo quasi trent’anni di ininterrotta presenza sui banchi del Parlamento, alla sua sesta legislatura, mette a segno un altro colpo che passerà alla storia. Se sarà nel bene o nel male, è tutto da vedere. Dopo aver messo il suo sigillo su una delle peggiori leggi elettorali italiane, al punto che lui stesso la definì “una porcata”, oggi dà nuovamente il meglio (o il peggio?) di sé tenendo a battesimo la discussa e discutibile legge sulla cosiddetta autonomia differenziata.
Esultanze, delusioni e gli interrogativi dei cittadini
Approvata dal Senato con una comoda maggioranza, approderà presto alla Camera seguendo una procedura accelerata, perché Salvini ha disperatamente bisogno di appuntarsi una medaglietta sul petto prima delle elezioni europee, e diventerà così legge dello Stato. Che questa disposizione sia tremendamente controversa lo si è visto l’altro giorno in Senato, dove le reazioni all’approvazione dei parlamentari della destra piuttosto che della sinistra non avrebbero potuto essere più diverse. Da una parte, urla di giubilo manco avessimo vinto una finale di coppa del mondo, pacche sulle spalle e profusione di paroloni tipo “pietra miliare” o “giornata storica”. Dall’altra, musi lunghi, sventolio di bandiere a difesa della Patria oltraggiata e offesa e propositi bellicosi di mobilitazione. In mezzo, un po’ persi, tanti cittadini che volendo farsi un’idea propria di cosa stia succedendo, vagano confusi e disorientati alla ricerca di spiegazioni e interpretazioni, fra concetti astrusi e quasi sconosciuti come “materie concorrenti”, “LEP” e “residuo fiscale”.
Il sud penalizzato
Che in linea di principio questa normativa possa penalizzare il Sud è un dato di fatto. Lo hanno capito governatori, sindaci e amministratori pubblici di ogni estrazione politica, che con toni più o meno accesi hanno denunciato con forza il rischio – o per alcuni la certezza – che l’autonomia differenziata possa rendere più profondo il solco che già divide Regioni ricche da Regioni più arretrate. Non lo hanno capito, evidentemente, tanti elettori del Sud che nelle scorse elezioni politiche hanno voluto premiare i partiti del centrodestra, ed in particolare la Lega, quando già nei loro programmi era ben chiaro e presente il progetto dell’autonomia. A loro verrebbe amaramente da dire “chi è causa del suo mal pianga se’ stesso”. E non basterà certo la definizione dei LEP – se mai ci sarà – a tutelare il principio che i servizi essenziali connessi a diritti civili e sociali devono essere uniformemente garantiti su tutto il territorio nazionale, soprattutto quando all’art. 8 della legge si dice chiaramente che “dall’applicazione della presente legge e di ciascuna intesa non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica” e comunque, in ogni caso, le risorse che sarebbero necessarie proprio non ci sono.
Due temi difficili da spiegare
Definire i LEP, quindi, servirà a poco; ne abbiamo già avuto la prova con i LEA – Livelli Essenziali di Assistenza – nel settore sanitario, prestazioni e servizi che il Servizio Sanitario Nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini. Ottimo proposito, siamo tutti d’accordo, ma poi, nella realtà, a voi sembra che i servizi offerti dalla sanità pubblica in Veneto o in Lombardia siano gli stessi della Calabria o della Sicilia? In questa situazione, che comunque da qualsiasi parte la si guardi è di grande confusione, ci sono poi due temi che proprio non riesco a spiegarmi. Il primo: come è possibile che Fratelli d’Italia, il partito che ha fatto del patriottismo e dell’italianità la propria bandiera, che scrive al primo punto del suo Codice Etico “Gli iscritti scelgono di aderire a Fratelli d’Italia per promuovere la diffusione dell’identità nazionale e il valore della Patria”, come è possibile, ripeto, che possa sostenere un simile progetto, che comunque la si veda, va proprio nella direzione opposta alla storia ed alla cultura dello stesso partito? Qui non si tratta di chiudere un occhio, come succede spesso in politica, ma di rinnegare i propri fondamenti, la propria essenza.
Il pericolo
Dobbiamo allora credere a chi senza mezzi termini parla apertamente di uno “scambio” fra autonomia differenziata e premierato, uno sciagurato do ut des sulle spalle del Paese e dei cittadini? Secondo punto: come possiamo pensare che alcune materie strategiche per il Paese, da cui passa la possibilità di crescere e prosperare, e mi riferisco per esempio all’energia, alla ricerca scientifica e tecnologica, alle grandi reti di trasporto, possano essere disciplinate in maniera differente a livello regionale, andando a perdere quell’unità progettuale, normativa e gestionale che tali materie richiedono? E cosa dire poi dell’aggravio di burocrazia che regole regionali diverse potranno determinare? Pensate ad un’azienda che voglia fare uno stesso investimento in regioni diverse… Altro che semplificazione! Per concludere, allora, torneremo paradossalmente indietro di 200 anni, ad un’Italia divisa fra Staterelli, magari con i dazi ai confini ed un passaporto regionale da esibire quando si viaggia? Ci siamo già dimenticati che in un’epoca sempre più globalizzata il principio fondamentale da tenere bene in mente e da applicare dovrebbe essere “Uniti si vince, divisi si cade”? Sono un po’ sconsolato e poco speranzoso nel futuro. Sogno a occhi aperti gli Stati Uniti d’Europa ma rischio invece di essere testimone della frammentazione del mio stesso Paese. Mala tempora currunt.
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