L’argomento in oggetto, non ha trovato se male non mi appongo riscontri sulla stampa, mentre ha avuto una certa diffusione sui social, soprattutto perché non è sfuggito che si tratta di una proposta di legge firmata da molti deputati della Lega. Su Twitter in particolare c’è stato tra i parlamentari leghisti chi ha cercato di difendere l’iniziativa, peraltro criticata da molti cittadini. Le motivazioni di una tale proposta, dopo oltre due anni di stato di emergenza, possono essere comprensibili, ma alla fine, come si suol dire, la toppa è peggio del buco. Vediamo di che si tratta e delle ragioni giuridiche per cui sarebbe meglio evitare di modificare in questo modo la Costituzione.

L’art. 1 della proposta di legge costituzionale dispone che “Le Camere, con deliberazione adottata a maggioranza dei due terzi dei presenti, confermano, entro cinque giorni, lo stato di emergenza nazionale dichiarato dal Governo con decreto adottato ai sensi dell’articolo 77, secondo comma. La disciplina dello stato di emergenza nazionale è stabilita con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei princìpi definiti con legge costituzionale”. Innanzitutto, la disposizione pone il difficile problema dei suoi limiti, rispetto all’art. 77, comma 2, perché si tratterebbe di capire quando ricorra specificamente uno “stato di emergenza nazionale” che non sia riconducibile al “caso straordinario di necessità ed urgenza”, già previsto dalla disposizione costituzionale. Potrebbe immaginarsi una ulteriore condizione rispetto a quella prevista con altri parametri temporali o quantitativi dello “stato di emergenza” rispetto “al caso di necessità”, che però non sembrerebbero implicare una differenza qualitativa rispetto al caso dell’art. 77, comma 2.

La domanda da porsi sin da subito è la seguente: è desiderabile una revisione della Costituzione in un punto molto sensibile in cui la Costituzione così come è ha una sua logica interna, una coerenza che verrebbe a mancare, se si confronta la disciplina dell’art. 78 con quella dell’art. 77, comma 2? La Costituzione vigente, infatti, ha formalizzato, nell’art. 77, comma 2, la competenza straordinaria generale nella forma del potere del Governo di decidere la sussistenza del caso straordinario di necessità e di urgenza e di provvedere con decreto che ha forza di legge. È una tipica competenza di emergenza, è quindi quel tanto (o poco) di stato di eccezione che la Costituzione democratico-pluralistica ha sopportato e ha incluso nel diritto. E forse, proprio per includere, escludendolo, lo stato di eccezione come stato estremo, la Costituzione ha messo in forma il potere di eccezione come esercizio di una competenza delimitata dal diritto, un’eccezione per così dire relativa.

Ma dall’art. 77, comma 2, non si ricava affatto che la competenza sull’eccezione sia una competenza tipica, esclusiva, del Governo e che il Parlamento non abbia una competenza generale. È infatti coerente con la lettera dell’art. 77 e con la forma di governo parlamentare interpretare l’art. 77, comma 2, non già come la norma che esclude la competenza del Parlamento a provvedere sulla e nell’emergenza, considerato – se non altro – che è il Parlamento che converte il decreto-legge (e quindi che nel più del ‘valore’ di legge ci sta il meno della ‘forza’ di legge), ma come la norma che esclude che, «quando» il Governo decida che sussiste il caso straordinario e che è necessario derogare/sospendere la legge vigente, questi possa adottare provvedimenti che non abbiano la forza di legge, cioè, che non siano sottoposti al regime tipico proprio degli atti di quella specie, ovvero all’emanazione da parte del presidente della Repubblica, al sindacato da parte della Corte costituzionale e alla conversione in legge.

Al contrario, l’art. 78, comma 2, secondo la proposta di legge di revisione costituzionale, delinea la competenza del Governo a dichiarare lo stato di emergenza come una competenza esclusiva, che le Camere possono solo confermare o meno.

La revisione, contrariamente a quello che prima facie sembra, emargina il Parlamento dal Governo dell’emergenza, per lo meno rispetto alle possibilità consentite dalla lettera del diritto vigente. In più, l’art. 78, comma 2, parla di “conferma” del decreto del Governo da parte della legge parlamentare e non di “conversione” come l’art. 77. Ma secondo la lettera dell’art. 77 è la legge di conversione che produce il diritto legislativo e non il decreto del Governo, che deroga o, meglio, presupponendone la vigenza, sospende l’efficacia della legge senza innovare permanentemente il diritto legislativo. E ciò perché la legge è il valore, ai sensi dell’art. 77, comma 1, e il decreto ha al più forza di legge, ai sensi del comma 2. Proprio per questo la Costituzione parla di “conversione” (e non, appunto, di conferma, approvazione o ratifica), che postula – se vogliamo sin dall’originario significato religioso – un mutamento, una trasformazione di qualità: appunto dalla forza al valore di legge.

Al contrario, l’art. 78 revisionato non pone più una differenza di qualità tra la legge con forma rappresentativa e il decreto del Governo con forza di legge. In ogni caso, il binomio decreto-legge e legge parlamentare approvata a maggioranza assoluta non pare avere la forza di sospendere la Costituzione, salvo che non si aderisca alla tesi, minoritaria, che attribuiva già alla forza del decreto-legge una capacità innovativa superiore al valore della legge ordinaria, in quanto addirittura idoneo a sospendere la Costituzione. Ma allora, in quel caso, non vi sarebbe bisogno della revisione dell’art. 78.

Potrebbe obiettarsi che nella proposta di legge costituzionale la riserva di legge rinforzata del comma 3 dell’art. 78 presuppone “principi” approvati con legge costituzionale. Ma, primo, pare incoerente attribuire le misure d’urgenza al Governo, in nome dell’efficacia, e rinviare al Parlamento, con legge addirittura rinforzata, previa legge costituzionale di principio, la disciplina dello stato di emergenza: tanto valeva non attribuire una competenza esclusiva d’eccezione al Governo. Secondo, tempi così lunghi non sono compatibili con l’urgenza del caso? Terzo, l’eventuale legge costituzionale di principio è sufficiente a coprire una legge ordinaria che deroghi, quindi violi, la Costituzione?