Il militante del Partito Radicale
Storia di Maurizio Bolognetti, il militante affamato di diritti e verità
Latronico sorge ai piedi del monte che si chiama non a caso “Alpi”, anche se si trova in provincia di Potenza, nel cuore della Basilicata. È un paesino al centro del mondo per due coincidenze: le previsioni del tempo e le visioni transnazionali di uno dei suoi abitanti. L’organizzazione meteorologica mondiale l’ha riconosciuto stazione ufficiale per lo studio del clima e la misura del freddo – più che del caldo – che fa sull’Appennino Meridionale. Il radicale Maurizio Bolognetti l’ha eletto a domicilio onorario dei suoi fratelli Tibetani, Uiguri e Montagnard, gemellati a Latronico dalla natura imponente dello spazio che li avvolge, dal freddo che li gela tutto l’anno e dalla lotta impari contro potenti regimi che li dominano e li perseguitano da generazioni.
C’era una volta il “socialismo in un solo paese”, l’idea di un futuro radioso da far trionfare, tutto e subito, nel cuore dell’impero senza aspettare lo scoppio della rivoluzione nelle periferie del mondo. Oggi, il socialismo, l’idea liberale, radicale e cristiana di giustizia sociale che vive nel cuore e nella missione degli apostoli tra gli ultimi della terra, abita in un piccolo paese: a Latronico. In questo centro di 4.500 anime, una di esse è al quarantesimo giorno di sciopero della fame per la fame che sente di democrazia, giustizia, diritti umani, verità. C’era una volta il “centralismo democratico”, l’impegno politico del militante di periferia servito e al servizio della politica decisa dal centro.
Maurizio Bolognetti, invece, dà corpo allo spirito e alla lettera dello statuto del Partito Radicale e, principalmente, alla regola per cui si può iscrivere chiunque, l’iscritto è sovrano assoluto, militante di un’idea e segretario di se stesso. Molti, anche nel partito, lo prendono per matto. Lui non se ne cura e si rifà a Ernesto Rossi che in una bella lettera dal carcere cita il Giusti: «A conti fatti evviva i matti». La sua teoria dell’organizzazione è fine a se stesso e alla sua fame del mare infinito dei diritti universali, come scrive Antoine de Saint-Exupéry nella sua metafora della nave: se vuoi costruire una nave, non distribuire i compiti, non organizzare il lavoro; prima risveglia la nostalgia e la sete del mare lontano e sconfinato.
Militante con mezzi di fortuna e modi d’altri tempi di fare agitazione e propaganda, attacca manifesti, fa volantinaggio, convoca conferenze e tiene comizi, amplificati da altoparlanti montati sul tetto di una macchina scassata. Piazza Mario Pagano a Potenza è testimone di memorabili discorsi di Maurizio Bolognetti, l’unico a ricordare, nel luogo che ne porta il nome, il filosofo del diritto salutato come il “Platone di Napoli” e la sua convinzione che la civiltà di un Paese si decide solo dopo aver visitato le sue prigioni alla luce del diritto. Parla per ore Maurizio, a volte solo a se stesso e a Mariantonietta, la donna che gli è compagna da una vita e per la quale, data la costante dedizione e l’infinita tolleranza, Marco Pannella aveva promosso causa di beatificazione.
Per la nostalgia e la sete del mare di verità e conoscenza, per nutrire la fame di democrazia, giustizia, diritti umani, Maurizio Bolognetti è giunto al quarantesimo giorno di sciopero della fame. In estrema sintesi, sono tre le ragioni della sua lotta: sostegno all’appello del Partito Radicale al Presidente Mattarella perché ricorra al più presto a un massiccio esercizio del potere di grazia; per il diritto umano alla verità e alla conoscenza su quanto è avvenuto in Cina in relazione alla vicenda Covid-19 (a proposito, Saviano, nulla da dire su questo e sulla lotta di Maurizio Bolognetti?); perché il nostro ministro degli Esteri e il governo chiedano al governo cinese di liberare giornalisti, medici e dissidenti arrestati.
Per lui, il modello cinese di distanziamento e segregazione sociale, della decretazione d’urgenza e delle ordinanze emesse a ogni piè sospinto, dell’abuso di potere, della sospensione delle libertà fondamentali e dell’esautoramento del parlamento, della omologazione di massa e della lobotomia collettiva operata con ogni mezzo di propaganda, è diventato anche il nostro modo di fare. «Ho l’impressione che per seguire questa maledetta Via della Seta stiamo definitivamente perdendo di vista valori che dovrebbero nutrire ogni vera e autentica democrazia».
È convinto che la linea di confine tra democrazie reali e regimi totalitari vada sempre più assottigliandosi e che “la peste” continui a rosicchiare l’edificio dello Stato di diritto. Così, nel giorno della Liberazione, ricorda con Carlo Rosselli che «la libertà significa il diritto di essere eretici, non conformisti di fronte alla cultura ufficiale». Riceve, in risposta, un messaggio che lo commuove. È di Maria Elena Lacquaniti, della Commissione globalizzazione e ambiente della Federazione delle chiese evangeliche: «Abbiamo esperienze e punti di vista diversi, ma guardiamo comunque verso la stessa luce, l’amore per l’essere umano e l’esercizio pieno di quei diritti sani che nascono da un sogno, quello fondante della nostra Repubblica: pace, giustizia e libertà».
Il volto di Maurizio, nel suo quarantesimo giorno di sciopero della fame, sembra scolpito nella pietra. Il tempo – il grande scultore – lo ha segnato senza pietà, e ogni giorno che passa traccia una ruga. Non è la dura legge del tempo che se n’è andato lasciando i suoi segni. I suoi sono i segni del tempo della nonviolenza che si vive e della speranza che si incarna. Sulla forza della nonviolenza, dolce e sempre rinnovabile, e la visione della speranza, profetica e creativa di realtà, Marco Pannella ha fondato un partito, il Partito Radicale, ispirato e incarnato – come lo è Maurizio – da quel preambolo allo statuto che conferisce all’imperativo del “non uccidere” valore di legge storicamente assoluta, senza eccezioni, nemmeno quella della legittima difesa.
Caro Maurizio, la strada è segnata, la terra è seminata, la roccia è ben scavata dalle ragioni e dalle promesse della tua lotta nonviolenta. Lascia che la strada trovi lo sbocco, il seme germogli e il fiume apra un varco nella roccia da cui riemergere. Concediti una moratoria della fame e continua senza tregua la lotta della parola al potere costituito perché ritrovi le ragioni di diritto e verità, le promesse di giustizia e libertà proprie della sua Costituzione.
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