Ieri mattina protesta davanti al carcere romano di Rebibbia. Alcune persone hanno manifestato davanti all’istituto per chiedere di “aprire le carceri” e hanno distribuito volantini con su scritto: “Stato boia. Aprire le carceri. Chiudere le fabbriche”. All’Ansa invece è giunta ieri una lettera dell’ex boss della Mala del Brenta, Felice Maniero, che, insieme ad un altro detenuto, denuncia le condizioni dei detenuti del carcere di Voghera: «Il rischio di eventuali focolai nelle carceri è probabile; dovesse verificarsi un ‘’si salvi chi può’’ le conseguenze sarebbero inimmaginabili». «Dopo le reiterate richieste – ha scritto Maniero – ci è ancora vietato, da oltre due mesi di acquistare un disinfettante efficiente».

Invece gli avvocati Giorgio Antoci ed Enrico Trantino ci segnalano il caso di un loro assistito, Giacomo Ieni, detenuto nel carcere di Bologna, dove c’è stato il primo recluso morto da covid-19 lo scorso 2 aprile e all’interno del quale, secondo Gennarino De Fazio della Uilpa Polizia Penitenziaria nazionale, altri dieci detenuti sarebbero risultati positivi al tampone. I legali hanno inviato per ben due volte – il 2 e l’8 aprile – una richiesta di detenzione domiciliare al magistrato di sorveglianza di Bologna adducendo diverse motivazioni: il signor Ieni «afferma di essere affetto da anemia acuta, pancreatite acuta, depressione grave, curata con massicce dosi di tranquillanti, immunodeficienza». Inoltre «ha convissuto con il compagno di cella risultato affetto da Covid-19, mentre è deceduto un altro detenuto, appartenente alla stessa sezione, anch’egli affetto da Covid-19.

Nella stessa sezione vi sono altri due contagiati e tre soggetti in quarantena. Ovviamente costoro usano gli stessi servizi degli altri detenuti, acuendo il rischio di contagio in maniera inaccettabile». A loro non è mai giunta alcuna risposta. Ieri l’ennesima comunicazione: «La difesa comunica che in data odierna lo Ieni Giacomo li ha informati di essere risultato affetto dal Covid 19». Infine segnaliamo il caso del trentenne modenese recluso nel carcere di Vicenza a cui, pur dovendo scontare una pena residua sotto i 18 mesi, è stata negata dal magistrato di sorveglianza di Verona la detenzione domiciliare con o senza braccialetto. Gli avvocati Roberto Ghini e Pina Di Credico hanno presentato ricorso al Riesame di Venezia e si sono rivolti qualche giorno fa anche alla Cedu: «Solamente martedì sera – ci dicono – la Corte Europea dei Diritti Dell’Uomo ha trasmesso le Osservazioni del Governo Italiano dandoci tempo sino a giovedì mattina per replicare.

Le Osservazioni si limitano a generiche rassicurazioni circa l’intervento del Governo a tutela della salute dei detenuti e del personale che opera all’interno delle carceri. Possiamo infine dire che su una domanda precisa sottoposta dalla Corte dei Diritti Dell’Uomo, il Governo ci pare non aver fornito alcuna risposta. Questa mattina (ieri, ndr), rispettando le richieste della Corte, abbiamo trasmesso le nostre ulteriori osservazioni e abbiamo portato la Cedu a conoscenza di ulteriori documenti che ci sembrano in netto contrasto con quanto sostenuto dal Governo nei propri scritti».

Abbiamo contattato anche l’ufficio stampa del Ministero della Giustizia per avere chiarimenti in merito e ci hanno detto che «la risposta alla Cedu è ad opera dell’Agente del Governo italiano davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, non del ministero della Giustizia», quindi non spetterebbe al Ministro rendere noto quanto risposto. Intanto la decisione della Cedu potrebbe arrivare a brevissimo, essendo una procedura di urgenza. Per discutere di quanto sta accadendo e per valutare iniziative l’associazione radicale Nessuno tocchi Caino-Spes contra spem ha convocato il suo Consiglio Direttivo per sabato, 18 aprile dalle ore 14:30 alle ore 20:00. Il dibattito sarà trasmesso in diretta da Radio Radicale.

 

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