“Mio figlio ha sbagliato ed è giusto che paghi tutto quello che deve, ma io non voglio un giorno andare a prenderlo in carcere, cadavere”. Pino Verderosa è il papà di Francesco, 34enne da due anni detenuto nel carcere di Poggioreale in uno stato di salute davvero molto critico. Pesa 210 chili, ha gravi problemi respiratori che gli impongono l’uso di un respiratore notturno, per non rischiare la vita durante le apnee notturne. A questo si aggiungono problemi cardiaci e vascolari e l’impossibilità a dormire sulle piccole brandine del carcere. “Sono davvero preoccupato per lui – dice Pino – se dovesse verificarsi un solo caso di Coronavirus in carcere mio figlio Francesco sarebbe il primo ad ammalarsi e potrebbe succedere l’irrimediabile”.

Pino e sua moglie da mesi chiedono, inascoltati, con forza che Francesco possa continuare a scontare la pena a casa per i suoi problemi di salute. “Non chiediamo uno sconto di pena, solo che possa essere curato e tutelato, che possa sottoporsi all’intervento allo stomaco di cui ha bisogno e vivere in una condizione più umana, solo per la sua salute”. Due volte a settimana la famiglia incontra Francesco su Skype per i colloqui. “È molto depresso – racconta il padre – a stento riesce a parlare. Non riesce nemmeno ad andare in bagno per la sua dimensione fisica. Come può sopravvivere così?È umano?”. Intanto la loro richiesta è rimasta inascoltata e pregano le autorità affinchè prendano in considerazione la serietà della situazione clinica del loro figlio.

Sono 15 gli anni di pena che Francesco deve scontare. Due sono già passati ma ce ne sono ancora tanti davanti. “Oggi è molto depresso e avvilito per la battaglia che in primis sta combattendo lui stesso – continua Pino – Mio figlio è un soggetto a rischio, e questo lo dico con il cuore in mano. Le lacrime che avevo le ho piante tutte, ma chiedo, con l’amore di un genitore, di lasciare che mio figlio sconti il resto della pena agli arresti domiciliari. Non voglio andare a tirare fuori mio figlio quando sarà troppo tardi”.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.