Tra i detenuti continua a diffondersi il contagio: la comunità carceraria conta nel suo insieme trecento positivi. Se il bollettino generale registra nelle ultime 24 ore altri 566 decessi, per un totale di 20.465 deceduti, i dati che riguardano la diffusione del virus in carcere arrivano con il contagocce. Il fatto che non si sottopongano ancora i detenuti al promesso screening massivo impedisce di conoscere le dimensioni del fenomeno. Dove le Asl si sono impegnate a moltiplicare i tamponi, ecco emergere i casi. In Veneto di test se ne fanno, e nel solo carcere di Montorio Veronese ieri si è preso atto di 25 detenuti e 17 agenti della polizia penitenziaria positivi al Covid 19. «Come nelle Rsa, anche nelle carceri venete la situazione è drammatica. Va garantita la salute di tutti. Subito, chi può deve avere il beneficio dei domiciliari; nel medio periodo va ripensato il sistema, edificando strutture nuove che garantiscano la dignità e i diritti di tutti», dice al Riformista l’eurodeputata Alessandra Moretti, Pd, vicentina.

«Vorrei sentire per una volta Bonafede rispondere del diritto alla salute dei detenuti, e vorrei sentire la voce di Zaia sul caso di Montorio Veronese», aggiunge. Dall’Europa si guarda all’Italia con preoccupazione, oggi il governo dovrà rispondere alla Corte europea di Strasburgo di come sta gestendo l’emergenza Covid 19 in carcere. Anche in Friuli-Venezia Giulia il virus arriva in cella, portato – sembra – dal carcere bolognese della Dozza. Ci sono cinque detenuti in regime di massima sicurezza positivi. «È un tema che abbiamo sempre denunciato: non si può pensare che i detenuti siano chiusi in gruppo dentro a uno stanzone», dice da Udine Serena Pellegrino, Sinistra Italiana, ex parlamentare.

«Questa emergenza sanitaria impatta su una emergenza già preesistente, mai sanata. Bisogna costruire nuovi centri di detenzione, pensati non solo per la reclusione ma ai fini riabilitativi come prevede la Costituzione all’articolo 27». E lancia un’idea: «A Tolmezzo è stata inaugurata una struttura da dieci milioni di euro, doveva essere il nuovo Tribunale ma è rimasta inutilizzata, vittima dei tagli lineari del governo Monti. Si potrebbe ristrutturare per dedicarla all’accoglienza dei detenuti, appunto a fine rieducativo».

La questione è che i braccialetti “rimangono una chimera”, come dice al Riformista il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale per il Lazio e l’Umbria, Stefano Anastasia. «Il decreto Cura Italia prevede l’affidamento ai domiciliari, con il braccialetto elettronico di sorveglianza, che però non è mai arrivato. Allora mi chiedo: quando hanno fatto il decreto, lo sapevano che i braccialetti non erano in fornitura?». Gli risponde il Commissario straordinario per l’emergenza coronavirus, Domenico Arcuri.

In una nota ieri sera ha fatto sapere di aver «affidato la fornitura di ulteriori braccialetti elettronici e il relativo servizio di sorveglianza a distanza a Fastweb, la stessa società con cui il Ministero dell’Interno ha già siglato un contratto per la fornitura degli stessi dispositivi, con l’obiettivo di accelerare le misure messe in campo per il contrasto all’emergenza coronavirus e di poter contare sulla possibilità di installare 4.700 braccialetti entro la fine di maggio».

I dispositivi sarebbero destinati soprattutto alla detenzione domiciliare di quanti devono scontare una pena residua tra i 7 e 18 mesi. Fastweb provvederà alla fornitura e alla manutenzione dei braccialetti elettronici aggiuntivi rispetto a quelli già previsti e ai servizi di connettivita’ tra questi e un “Centro Elettronico di Monitoraggio”, istituito ad hoc per la sorveglianza dei dispositivi installati e l’interazione con le Forze di polizia, per comunicare in tempo reale le situazioni di allarme.

Intanto il mondo associativo e del volontariato carcerario non sta a guardare. Nessuno tocchi Caino-Spes contra spem ha lanciato una class action procedimentale per il rispetto delle misure igienico sanitarie nel carcere di Bari ed auspica che analoghe azioni siano intraprese per le carceri di altre città.

 

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.