Il rischio è quello di «una pandemia nella pandemia e bisogna intervenire prima che si verifichi la Caporetto nelle carceri». Ecco perché «spero che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, abbia un atteggiamento più propositivo come lo aveva Giorgio Napolitano». Giovanni Fiandaca, giurista, professore di diritto penale all’università di Palermo, con un passato in politica tra le file del Pd, da quattro anni è garante dei detenuti in Sicilia. E suona la sveglia all’intero mondo politico e istituzionale affinché si possa «scongiurare l’esplosione di una bomba epidemiologica nelle carceri del Paese».

Professore, lei visita gli istituti penitenziari da anni: in queste ultime settimane che aria si respira?
C’è un sentimento di preoccupazione diffusa tra tutto il personale penitenziario. La paura del contagio è comprensibile, è accentuata dal fatto che non si dovrebbe rimuovere il dato oggettivo che l’universo penitenziario può rappresentare una bomba epidemiologica. Le condizioni di vita carcerarie e la prossimità tra i detenuti sono fattori che possono agevolare il contagio fino a portare alla morte dei soggetti più anziani. Fattori che potrebbero fungere da moltiplicatori nella realtà esterna.

Nel carcere di Bologna, è morto il primo detenuto trovato positivo al Covid-19.
Esattamente. E ci troviamo dentro una situazione di profonda incertezza, nella quale avere contezza degli stessi numeri è molto difficile. Non sappiamo nulla, la bomba carceraria può esplodere nei prossimi giorni. Eppure qualcuno, non so su quali basi, sembra avere le idee più chiare.

A chi si riferisce?
Ho sentito il pessimo intervento del procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri. Gli vorrei chiedere sulla base di quali conoscenze dice che ci sono una cinquantina di detenuti positivi al Covid 19. Chi glielo ha detto? Con quale senso di responsabilità fa queste affermazioni? A noi garanti che cerchiamo di avere informazioni di tipo quantitativo, questo numero non risulta affatto. Risulta un numero molto più basso. Ma questo non ha valore. Perché i casi emersi non sono probanti, dovremmo chiederci piuttosto quanti tamponi sono stati fatti. La mancanza di trasparenza che caratterizza il funzionamento delle carceri, in questo momento, è accentuata. È inammissibile che un procuratore della Repubblica come Gratteri faccia affermazioni così irresponsabili. Purtroppo, in questi giorni, sentiamo pontificare in televisione magistrati che manifestano orientamenti di tipo populistico penale: una delle piaghe del tempo che viviamo.

Secondo lei quali misure dovrebbe adottare il governo per disinnescare la bomba?
L’optimum sarebbe una misura di deflazione penale che punti a ridurre la presenza dei detenuti in una scala tra 10mila e 20mila presenze. I provvedimenti finora emanati consentono uno sfrondamento troppo limitato. La concessione delle misure alternative, tra l’altro, è sempre sottoposta alla decisione dei magistrati di sorveglianza. E succede, com’è inevitabile, che i magistrati di sorveglianza vengono sovraesposti e non sempre sono in grado di disporre di elementi di conoscenza per operare un confronto tra rischi di varia natura. Alcuni magistrati di sorveglianza sono più restii a concedere misure alternative, altri invece sono più favorevoli. Ci troviamo di fronte ad un eccesso di responsabilizzazione e a una disomogenità di orientamenti che possono dare luogo a disparità di trattamento.

Quindi?
Chiederei provvedimenti più incisivi nel consentire le misure alternative per quei detenuti che devono scontare 4 anni o al limite 3 anni di pena. Ma chiederei anche una disciplina che consenta un’attivazione pressoché automatica dei provvedimenti di scarcerazione, riducendo al massimo il potere discrezionale dei magistrati di sorveglianza. È difficile che il ceto politico possa recepire questo tipo di proposte ma ho fatto più volte appello alla politica, cominciando dal Pd, perché eserciti la maggiore pressione possibile per alzare la posta e convincere il ministro Bonafede e i vertici del Dap prima che sia troppo tardi.

Lo scontro politico, però, è ancora aperto: come finirà?
Non so come andrà a finire. Come giurista dico che la situazione attuale sarebbe connotata da quelle caratteristiche di eccezionalità e irripetibilità che avrebbero potuto in teoria giustificare un provvedimento di amnistia o d’indulto. Il presidente della Repubblica può esercitare il suo potere di grazia in forma cumulativa. Sergio Mattarella può contribuire a decrementare la detenzione carceraria. Fino a pochi anni fa era mia collega all’università di Palermo. Col massimo del rispetto mi piacerebbe vedere un Mattarella più propositivo che stimoli le forze politiche. Che interpreti il ruolo come faceva Giorgio Napolitano.

Capitolo braccialetti elettronici. Il governo pensava potessero essere una soluzione: lei che ne pensa?
Sono uno spot elettorale che interessa al ministro Bonafede e ai politici di centro-destra. Bisogna eliminarli.

Cosa risponde a chi sostiene che il rischio di nuove misure alternative possa liberare soggetti criminali pericolosi?
Nel bilanciamento costituzionale tra salute e sicurezza, questa deve cedere ampie porzioni di certezza alla tutela della salute.

 

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