C’è l’edizione speciale di Mentana: il caso Covid-19 nelle carceri, a partire da quello di Bologna, rischia di trasformarsi in una strage di Stato. Arriva l’appello di Amnesty International: «Governi di ogni parte del mondo stanno adottando provvedimenti per contrastare la diffusione del Covid-19 nelle prigioni: luoghi in cui l’impossibilità di applicare il distanziamento sociale e le inadeguate condizioni igienico-sanitarie possono favorire il contagio».

Alla fine anche la politica se ne accorge. La reazione del responsabile sicurezza del Partito Democratico, Carmelo Miceli, deputato in commissione Giustizia, è forte: «Nello stesso giorno un detenuto muore per Covid 19 e un assistente capo della Polizia Penitenziaria si toglie la vita. Non bastano gli appelli di Papa, garanti nazionali e regionali, magistrati, universitari, associazioni e sindacati per capire che c’è da tutelare immediatamente tanto i detenuti quanto la polizia penitenziaria? Il ministro Bonafede deve prendere atto che l’emergenza carceraria è una pentola a pressione che sta per esplodere. Cambi impostazione prima che sia troppo tardi».

L’altolà dell’alleato di governo risuona a chiare lettere, ma dal Movimento nessuno risponde. Per Forza Italia parla l’onorevole Ruffino: «Il ministro Bonafede non ha mosso un dito per alzare le tutele sanitarie del personale penitenziario e dei detenuti. L’idea dei cellulari per riattivare un minimo di relazioni sociali fra i detenuti e i loro familiari è una goccia d’acqua nel mare di difficoltà in cui viene a trovarsi il mondo carcerario. Delle due l’una: o il ministro provvede ad alleggerire la popolazione carceraria, secondo criteri di minore pericolosità sociale e anagrafe del detenuto, oppure rifornisce dei dispositivi sanitari essenziali la popolazione carceraria e il personale. Non esiste una terza possibilità per tutelare la salute delle persone, perché anche per gli agenti penitenziari come per i detenuti vale la tutela costituzionale della salute».

«L’associazione Nessuno tocchi Caino – Spes contra spem chiede al presidente del Consiglio e al presidente della Repubblica di prestare la massima attenzione al rischio di una pandemia estesa alle carceri, che avrebbe effetti disastrosi non solo per i detenuti e gli operatori penitenziari ma anche per la comunità esterna», dicono i dirigenti dell’associazione Sergio d’Elia, Rita Bernardini ed Elisabetta Zamparutti, e chiedono al premier e al Colle «di intervenire con urgenza e di adottare tutte le misure necessarie volte a disinnescare la bomba ad orologeria, ora anche epidemiologica, che apprendisti artificieri della “certezza della pena” hanno da tempo dolosamente innescato nelle carceri e che ora non vogliono o non sanno più disinnescare». L’idea potrebbe essere una moratoria dell’esecuzione penale, per pene brevi o residui brevi da espiare.

«A Bologna è successo tragicamente quello che purtroppo avevo previsto», dice Vittorio Sgarbi al Riformista, dopo averne parlato con il ministro al telefono: «Se non vuole essere accusato di omicidio premeditato, Bonafede deve consentire ai detenuti di essere distanziati in tutta Italia. A partire da tutti coloro che sono in custodia cautelare, e che devono uscire tutti: troppe intercettazioni vengono usate per mettere a rischio la vita di condannati senza sentenza». Un uno-due letale, quello giocato da certa magistratura: «Prima ti intercettano i magistrati, poi una volta che stai dentro ti intercetta il virus, e muori. Quello che dimostra di non capire Gratteri, che dice di voler fare le carceri più grandi, perdendo così l’occasione di tacere.

Una grande casa con le stesse regole delle case piccole, non cambia il margine di rischio individuale. La chiave di tutti i decreti legge è la distanza minima. Qui siamo alla tortura, alla violenza intenzionale, al tentato omicidio». Per questa ragione, come aveva anticipato al nostro giornale, procede con la denuncia del ministro Bonafede a tutte le 130 Procure della Repubblica: ieri ha unito la sua iniziativa a quella del Partito Radicale. Procurata epidemia. E adesso si indaghi.

 

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.