Proviamo a immaginare questo scenario: carceri sovraffollate oltre ogni limite; rivolta con 13 morti; ingresso del coronavirus in quantità massicce nelle prigioni senza nessuna possibilità di controllarlo; scarcerazioni decise a condizione che ci sia il braccialetto elettronico, e braccialetti inesistenti; appelli inascoltati di giuristi, avvocati, partiti, persino di magistrati, e infine del Papa a intervenire con un piano massiccio di scarcerazioni e silenzio totale del ministro; abolizione della prescrizione in assenza di riforma del processo; blocco della precedente riforma carceraria; introduzione di misure di tipo totalitario sulle intercettazioni telefoniche… Mi fermo qui.

Ho descritto una situazione mai vista in precedenza, quasi inimmaginabile. Un fallimento e un rischio incendio. E proviamo ora a immaginare che il ministro in questione fosse, ad esempio, Matteo Salvini. Come si sarebbe comportata la sinistra? Da quanto tempo avrebbe chiesto le sue dimissioni? Si sarebbe rivolta a Mattarella, all’Europa, alla Corte Costituzionale, avrebbe organizzato convegni, scioperi, cortei, petizioni. O no? I giornali di centrosinistra avrebbero tuonato ogni giorno, i costituzionalisti si sarebbero scatenati, l’arco democratico avrebbe marciato compatto. O no?

E se invece di Salvini il ministro è Bonafede? Perché nessuno chiede le dimissioni di Bonafede? Perché non scatta una ribellione dei partiti democratici? Qualcuno crede che Bonafede sia meno reazionario di Salvini? È più reazionario, fidatevi: di più.

 

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.