Vogliamo evitare che il coronavirus dilaghi nelle carceri? Dobbiamo far uscire subito i detenuti che abbiano un residuo di pena fino «a due anni». È questa, in estrema sintesi, la proposta avanzata ieri pomeriggio in Plenum dal togato Giuseppe Cascini, storico leader di Magistratura democratica e già segretario dell’Anm, per scongiurare la pandemia nelle prigioni italiane. La soluzione di Cascini è stata discussa durante il dibattito sul parere del Csm sulle ultime misure previste dal governo per contrastare l’emergenza Covid-19. Il governo la scorsa settimana, con il Decreto legge n. 18, ha ampliato l’istituto, già ampiamente utilizzato per scopi deflattivi fin dal 2010, della detenzione domiciliare.

È stata resa più semplice l’istruttoria da parte del magistrato di sorveglianza per la concessione dei domiciliari, a cui potranno accedere i detenuti (per reati non ostativi) che abbiano una pena, anche residua, non superiore a 18 mesi. Il giudice deciderà sulla base degli atti in suo possesso, senza attendere la relazione del carcere. I domiciliari, però, verranno concessi solo se sarà disponibile il braccialetto elettronico. Subordinare l’ammissione al beneficio a tali dispositivi rende le nuove disposizioni del governo carta straccia in quanto, vale la pena ricordalo, i braccialetti sono da sempre pochissimi e introvabili.

In questa ottica, sono due cifre per Cascini dovrebbero spingere il legislatore ad una decisione drastica: 60.000 detenuti e 60 mila fra agenti di polizia penitenziaria e operatori che giornalmente “vivono” nelle prigioni. 120 mila persone che nel cronico sovraffollamento carcerario sono impossibilitate a mantenere la distanza di un metro prevista dalle norme per il contenimento del virus. Cascini ha citato l’esempio del presidente francese Emmanuel Macron che ha disposto la scarcerazione immediata di oltre 5000 detenuti per prevenire il diffondersi del Covid-19.  Contro l’ex aggiunto della Capitale si è scagliata la furia del collega Nino Di Matteo.

Il magistrato siciliano ha paragonato questa proposta ad un «indulto mascherato». Anzi, di un «ricatto» allo Stato da parte della criminalità organizzata che avrebbe scatenato le rivolte nelle carceri dell’inizio del mese, con 13 detenuti morti e decine di feriti. È stato ricordato che i detenuti affetti da coronavirus sono molto pochi, rendendo il carcere un posto “sicuro”. La proposta di Cascini, poi bocciata, ha avuto l’appoggio della sua corrente e del laico di Forza Italia Michele Cerabona, ex presidente della Camera penale di Napoli, che ha bollato le affermazioni della toga siciliana come i classici discorsi “da pm” che non sanno cogliere la gravità del problema.

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