Non è vero: il calabrone può volare, non sfida le leggi della gravità. “Semplicemente” l’entomologo francese Antoine Magnan, quando enuncia la teoria di questo “assurdo”, sbaglia i calcoli. Li rifà, e scopre l’errore. Lo ammette, ma la “leggenda” resiste, perché la credenza è suggestiva, la smentita molto meno.
Marco Pannella muore il 16 maggio di tre anni fa; tanti vaticinano che la sua morte coincide con quella del Partito Radicale di cui è cuore, cervello, anima. Il calabrone radicale però è ancora vivo. Gracile, fragile, debole; ma vivo. Determinato, raccoglie l’eredità politica, il patrimonio culturale e ideale di Pannella; in particolare le battaglie per cui si è battuto allo spasimo: il diritto umano e civile alla conoscenza; la “giustizia giusta”, per tutti e ciascuno, che affascina personaggi come Leonardo Sciascia ed Enzo Tortora; la nonviolenza coniugata al diritto.
Un patrimonio di valori non tanto da gestire, piuttosto da condividere, in senso letterale: partecipazione a un progetto, una tensione d’insieme: l’unione di “bruniana” memoria, come ci ricorda Aldo Masullo. Un quotidiano proporre quel “vecchio” motivo che un giovanissimo Pannella contrappone a uno smaliziatissimo Palmiro Togliatti: “Unione laica delle forze”, in luogo dell’“unità delle forze laiche”. Da oggi, dunque, e fino al 2 novembre, a Napoli, il congresso degli iscritti italiani al Partito Radicale (presso la Fondazione FOQUS). All’ordine del giorno del congresso la centralità del “Caso Italia”, a partire dalla questione giustizia e informazione.

La questione Giustizia si sviluppa a partire da alcune proposte di legge radicali, su temi cruciali: amnistia e indulto; revisione del sistema delle misure di prevenzione e delle informazioni interdittive antimafia, le procedure di scioglimento dei comuni per mafia; riforma del sistema dell’ergastolo ostativo e del regime del 41 bis; abolizione degli incarichi extragiudiziari dei magistrati. E ancora: responsabilità civile dei magistrati, abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale, separazione delle carriere dei magistrati.
Sul fronte informazione il rilancio della proposta radicale sulla riforma della Rai, e la campagna per la vita del servizio pubblico Radio Radicale. Altra carne allo spiedo è costituito dal “Comitato promotore del referendum contro la riduzione dei parlamentari”. I radicali sono ben consapevoli che si tratta di un impegno gravoso, di questi tempi impopolare, ma lo ritengono atto dovuto: «Dobbiamo resistere», dice il segretario radicale Maurizio Turco, «alla ulteriore degenerazione e putrefazione della democrazia italiana. La richiesta di referendum è accompagnata dalla proposta per l’elezione diretta del presidente della Repubblica, e per l’elezione del parlamento in collegi uninominali». Dite che questi radicali pannelliani senza “se” e senza “ma”, sono ambiziosi, velleitari? Forse; ma non è la prima volta che a dispetto di ogni pronostico riescono a far saltare il banco (s)partitocratico. Da sempre conoscono il “sugo del sale”: hanno una “visione” che va al di là di una sia pur astuta gestione di un precario “esistente”. Hanno fatto loro il salveminiano “non mollare”; lo coniugano con il paolino “Spes contra Spem”. Si traduce in quell’aforisma di Henri Bergson che per Pannella era un manifesto di vita: «La durata è la forma delle cose». Metodo che è forma e sostanza insieme, fini qualificati dai mezzi usati: il diritto umano e civile alla conoscenza, il diritto al diritto. Chissà: potranno forse cominciare a spuntare i primi germogli di una lunga, lenta, faticosa semina; quel necessario vaccino da opporre ai veleni di cui un po’ tutti si è vittime.

Valter Vecellio

Autore