L’addio di Carlos Tavares dal ruolo di Amministratore Delegato del gruppo Stellantis, o il “licenziamento gentile” come lo chiamano alcuni addetti ai lavori, è solo l’ultimo capitolo di un lungo psicodramma che dura da due anni e che riguarda non solo il gruppo italo-francese ma tutto il comparto dell’automotive europeo.
Non ha sorpreso il saluto di Tavares: l’accordo con il Consiglio di Amministrazione era quello di “andare in pensione” nel 2026. Una lunga fase di transizione del gruppo che, nel mentre, avrebbe potuto individuare un successore adeguato. Il problema di Stellantis, però, non si può risolvere tra un anno e mezzo ma bisogna agire subito. Ecco dunque la necessità di correre ai ripari.

Radiografia di un disastro

Inutile nascondersi dietro ad un giro di parole: la situazione del gruppo Stellantis è in profonda crisi, non solo in Europa. Basti pensare che negli Stati Uniti l’ex gruppo Fiat ha visto un calo delle vendite pari al 17 per cento nei primi nove mesi del 2024: si è passati dai 470mila veicoli venduti nello stesso periodo del 2023 ai 299mila di quest’anno. Un taglio di ricavi da 21,5 milioni di dollari a 12,4 milioni di dollari.
Poco c’entra la contrazione del mercato generale dell’automotive nel mondo. Le quote perse da Stellantis sono state conquistate dal suo principale competitor, Ford, e dall’arrivo del colosso cinese Byd che sta spadroneggiando, ad oggi, nel Nord America. Nel vecchio Continente situazione simile agli Usa. In questo caso, il calo è del 7,1 per cento con una quota di mercato che passa dal 17,1 al 15,7 per cento.

Italia in rosso

Per non parlare del dramma che riguarda il nostro Paese. Entro la fine del 2024, secondo un rapporto Fim Cisl, il gruppo produrrà 300mila auto e quasi 500mila veicoli commerciali. Un taglio netto di produzione degli stabilimenti italiani pari al 31,7 per cento solo nei primi nove mesi dell’anno.
Per capire bene di cosa parliamo, bisogna ricordare che nel 2023 sono state realizzate nel Belpaese 751mila automobili lontano anni luce dall’obiettivo di un milione di auto promesso per l’Italia da Tavares. La situazione difficile del gruppo si riflette anche nella quotazione del titolo in Borsa. Questo elemento, secondo molti analisti, è costato “il posto” al Ceo portoghese: il titolo, in un anno, ha perso il 40 per cento. Un colpo per gli azionisti che, soprattutto negli Stati Uniti, da tempo reclamavano lo “scalpo” di Tavares.

Prospettive breve

Il successore del Ceo, che non dovrebbe arrivare prima di maggio del nuovo anno a meno di sorprese, avrà un arduo compito: rilanciare l’elettrico e risolvere il nodo italiano. Cosa succederà al gruppo in questa fase di interregno?
Anzitutto, si consoliderà il processo di cassa integrazione che in un modo o nell’altro sta interessando tutti gli stabilimenti italiani. A rotazione, continua, o a singhiozzo già dalla fine del 2023 l’ammortizzatore sociale è in campo per evitare che gli stabilimenti italiani chiudano definitivamente. Sarà necessario, poi, interloquire con l’Esecutivo per la messa in campo di incentivi che rilancino il mercato automotive italiano che sta subendo una fase di depressione molto più acuta del resto d’Europa. In questo, la presenza di John Elkan e un suo rapporto diretto con Giorgia Meloni potrebbe aiutare a distendere le tensioni che in passato Tavares ha causato con un atteggiamento piuttosto sprezzante contro l’Esecutivo.

Di certo non si saprà nulla dello stabilimento di Termoli che doveva essere trasformato nella “Giga factory” italiana ma che è stato Tavares a stoppare a causa delle incertezze sul futuro dell’elettrico. Le scelte strategiche saranno accantonate tenendo conto che l’Italia è uno snodo fondamentale sia per il gruppo che per il Paese stesso. Negli ultimi anni, troppe produzioni sono state spostate all’estero: in Polonia, Spagna, Serbia dove vengono prodotti gli esemplari della nuova 600 o della Alfa Junior; per non contare la Topolino in Marocco. Un adeguato piano industriale potrebbe vedere il rientro di qualcuna di queste produzioni nel Belpaese. Alla finestra, però, c’è il matrimonio con Renault che potrebbe segnare, definitivamente, l’abbandono dell’Italia come luogo principale per la produzione industriale di Stellantis.
Servirebbe, insomma, qualcuno che tuteli l’Italia all’interno del gruppo: ma chi? Ricordiamo che al momento della fusione di Fca auto con Peugeot a dicembre 2019, il governo francese mantenne la quota nella sua industria; quello italiano se ne disinteressò totalmente. Disattenzioni che poi si pagano.

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