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Tentazione telematica per il processo penale: l’azzardo informatico tra caos normativo e trappole per il diritto di difesa

La tecnologia, con i suoi costanti ed a volte formidabili progressi, è uno strumento di servizio, che ha senso solo se sa tenere fede a questo scopo: servire, dunque rendere migliore, più agevole, più spedito l’esercizio di una attività umana. Se l’avvento di una nuova tecnologia crea problemi, invece che risolverli, significa che si sta facendo del progresso tecnologico un vuoto e pericoloso idolo.
La tentazione telematica
La tentazione telematica assedia da tempo il processo penale, che con le sue ataviche lentezze, farraginosità ed inadeguatezze strutturali alimenta facilmente la illusione che la sua “digitalizzazione” possa rappresentare la panacea di tutti i mali. Il processo penale poggia le sue basi su di una struttura burocratica ed amministrativa clamorosamente inadeguata ed insufficiente per numeri, disponibilità finanziarie e formazione professionale del personale: ma da sempre si preferisce coltivare l’illusione di scorciatoie digitali, per di più muovendo dal presupposto che quelle insopportabili lentezze siano dovute soprattutto a presunti eccessi di garanzie difensive. Una vulgata pericolosamente manipolativa e sostanzialmente illiberale, che da sempre sceglie la leva della inefficienza del sistema per giustificare ambizioni riformatrici di segno fortemente penalizzante per i diritti del cittadino indagato o imputato. Il tema della digitalizzazione del processo penale reca in sé quelle stimmate, candidando la semplificazione tecnologica come veicolo di quella agognata svolta illiberale del processo.
Il tentativo
Il Procuratore Gratteri, non a caso, da anni invoca il drastico ricorso alla soluzione tecnologica delle regole del processo penale. E non a caso l’avvocatura penale ha dovuto ingaggiare un durissimo scontro, per fortuna portato a termine con successo, contro il tentativo di realizzare quella svolta illiberale in occasione della pandemia, e dunque con il pretesto della emergenza sanitaria. In nome del Covid, siamo andati ad un pelo dai processi celebrati su WhatsApp, e c’è poco da scherzare perché la cronaca di quei mesi drammatici sta lì a raccontarcelo. Ora, non è che noi difensori dell’idea liberale del processo penale invochiamo il ritorno alle penne stilografiche o ai faldoni pieni di carte. La smaterializzazione degli atti processuali e del loro deposito, insomma la piena digitalizzazione del fascicolo processuale, è una conquista irrinunziabile di civiltà e di efficienza. Ma è l’informatica che deve porsi al servizio del processo penale e delle sue regole, non il contrario!
Il caso
Una recente, incredibile sentenza della prima sezione penale della Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso in quanto inoltrato dal difensore ad un certo indirizzo pec piuttosto che ad un altro del medesimo ufficio giudiziario, e tanto basta a farci comprendere di cosa stiamo cercando di parlarVi. Da un lato la salvezza del diritto costituzionale di impugnazione delle sentenze, dall’altro una insensata idolatria della procedura informatica. Se prevale la seconda sul primo, vuol dire che sono a rischio diritti fondamentali del cittadino, e non c’è progresso tecnologico che possa giustificare una simile assurdità. Un tempo la stessa giurisprudenza della Suprema Corte affermava senza riserve il principio della salvezza del diritto di impugnazione (c.d. “favor impugnationis”), oggi falcidia i ricorsi discettando di indirizzi pec giusti o sbagliati.
Un sistema segnato da lacune
Ed è questa la partita che si sta giocando, nel caos mortificante nel quale il sistema è precipitato dopo il varo del portale, che il numero di PQM del Riformista prova a raccontarvi. Si è varato un sistema segnato da lacune, aporie tecniche ed insensatezze davvero gravi, senza per di più aver previamente garantito adeguata formazione professionale del personale amministrativo; e lo si è fatto imponendo in particolare agli avvocati difensori (e dunque ai cittadini che assistiamo) strettoie e regole capestro ottusamente lontane dalla realtà e francamente inaccettabili. La questione, tanto per cambiare, è grave ma non è seria. Buona lettura.
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