Niente da fare, la vendetta per le mancate dimissioni non si ferma. Giovanni Toti resta agli arresti domiciliari. Il tribunale del Riesame, presieduto dal giudice Massimo Cusatti, hanno respinto l’istanza presentata nei giorni scorsi dal legale del governatore della Liguria, agli arresti in casa dal 7 maggio scorso nel corso di una inchiesta della Guardia di Finanza per corruzione.

Giudici del Tribunale della Libertà che mantengono la linea della Procura di Genova, che aveva ipotizzato per il governatore come fosse ancora presente il rischio di inquinamento probatorio e reiterazione del reato. Nel documento di 33 pagine con il quale il Riesame ha rigettato l’istanza, si legge: “Correttamente il primo giudice ha finora autorizzato Toti, benché sottoposto agli arresti domiciliari con divieto di contatti con estranei, a intrattenere plurimi incontri dalla schietta finalità “politica”, trattandosi di tracciare le linee strategiche di indirizzo della vita gestionale della Regione Liguria e non ravvisandosi alcun periculum cautelare nel doveroso svolgimento da parte dell’odierno appellante di tale attività che integra lo specifico oggetto della tutela, invocata dalla difesa, della volontà popolare manifestatasi nel conferimento all’indagato di un mandato elettivo”.

Riesame: Toti non ha compreso natura accuse

Sublime poi un altro passaggio del documento con i giudici che spiegano perché Toti potrebbe reiterare ancora il reato. Il motivo è semplice… “in quanto ha dimostrato di non aver compreso appieno la natura delle accuse”. Le ipotesi di corruzione sono “sorrette da gravi indizi che Toti non ha inteso contestare”. E non riguardano “un illecito di natura veniale ove rapportate alle pubbliche funzioni di natura elettiva dal medesimo ricoperte, ma integrano un vulnus tra i più gravi che possano essere inferti al buon andamento dell’azione amministrativa, allo stesso rispetto della volontà popolare e ai diritti dei terzi”.

Riesame: in interrogatorio Toti troppi “non ricordo”

I giudici sottolineano poi che “l’interrogatorio” reso da Giovanni Toti ai magistrati “è infarcito da ‘non ricordo'” e “non ha brillato per chiarezza e trasparenza. I pretesi accordi corruttivi scaturiscono da puntuali intercettazioni ambientali e telefoniche che hanno cristallizzato i contorni delle accuse”. Secondo i giudici “c’era molto da ammettere, insomma, a fronte di captazioni che restituiscono il quadro di un pubblico amministratore di rango apicale che, nel sollecitare costantemente finanziamenti per il proprio comitato elettorale, conversa amabilmente con gli stessi “finanziatori” di pratiche amministrative di loro interesse per le quali si impegna a intervenire presso le sedi competenti” aggiungono.

Toti resta ai domiciliari, Riesame allontana dubbi costituzionalità

Poi i giudici sottolineano “l’infondatezza del motivo di appello incentrato sulla pretesa violazione del principio costituzionale e convenzionale sotteso alla ratio dell’art. 289, co. 3°, c.p.”.

Da qui la condivisione della linea della Procura e il timore che Toti possa ancora reiterare il reato. “Ben altro è occuparsi delle concrete forme, e dei correlati contatti personali, con cui perseguire quegli obiettivi sul piano tecnico-amministrativo: un’attività che l’appellante ben potrebbe protrarre ove la custodia domestica venisse sostituita, come auspicato dalla difesa in via di subordine, con l’obbligo di dimorare sul territorio del Comune di residenza o con il divieto di dimorare sul territorio del Comune di Genova. È quest’ultima, invero, l’area cui inerisce la persistente pericolosità di Toti, al quale non a caso viene contestato di avere scambiato utilità economiche con l’adozione di specifici provvedimenti amministrativi e non certo di avere adottato scelte “politiche” nella sua veste di Presidente della Regione”.

Toti resterà dunque ai domiciliari nella sua villa di Ameglia, in provincia di La Spezia. Nei giorni scorsi il legale di Toti, l’avvocato Stefano Savi, aveva presentato l’istanza di scarcerazione allegando anche un parere ad hoc da parte del presidente emerito della Corte Costituzionale Sabino Cassese.

Legale Toti: ora Cassazione ma da Riesame processo a intenzioni

Stefano Savi, legale di Toti, ha annunciato che “faremo ricorso in Cassazione” perché “ci lascia stupiti che le subordinate che avevamo fatte siano state solo considerate in un paio di righe, faremo ricorso ma le ricostruzioni di quello che sarebbe potuto succedere non erano molto lontane da queste”. Per l’avvocato del governatore ligure il messaggio è chiaro (dimissioni): “Il pericolo di reiterazione del reato è collegato al fatto che Toti possa interferire su una azione politico amministrativa della Regione e se ne può dedurre che una eventuale dimissione possa fare venire meno questa pericolosità”.

Poi aggiunge: “L’idea che Toti, con la sua carica, possa commettere reati simili con soggetti diversi, appare come un pregiudizio o un processo alle intenzioni, certamente estraneo alla storia di questi anni di amministrazione, estraneo alle accuse, ed estraneo al tema giudicato”. Savi annuncia di voler chiedere al giudice un confronto con la stampa: “Ci apprestiamo a richiedere al giudice competente una ulteriore serie di confronti, indispensabili alla definizione del quadro politico della regione, compresa la possibilità di comunicare, ove richiesto, attraverso contatti con organi di stampa, tenuto conto che tale diritto di espressione non può confliggere con il rischio di inquinamento probatorio, dichiarato non più sussistente, e non attiene al rischio di reiterazione del reato”.

Lupi: “Pressione per dimissioni”

Sulla decisione del Riesame è intervenuto anche Marcello Lupi, presidente di Noi Moderati, il partito di cui fa parte lo stesso Toti. “Il rigetto della richiesta di revoca degli arresti domiciliari presentata da Giovanni Toti è sconcertante ed incomprensibile soprattutto perché lo stesso tribunale del riesame ammette che non c’è il rischio di inquinare le prove. Sono più di due mesi che il presidente della Liguria è stato privato della libertà: qual è la pericolosità di Giovanni Toti, come potrebbe mai reiterare un eventuale reato se la sua azione amministrativa sarebbe, ovviamente, sottoposta ad un controllo capillare da parte di tutti, a partire dai media? Si rafforza il sospetto che la detenzione domiciliare sia uno strumento di pressione per costringere un presidente eletto due volte a larghissima maggioranza alle dimissioni. E questo sarebbe francamente inaccettabile. Ora attendiamo con fiducia la Cassazione”.

Redazione

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