Un cold case risolto dopo 28 anni. La Polizia di Stato della Questura di Caserta ha dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip presso il tribunale di Napoli nei confronti di Antonio Letizia, 50enne di Marcianise detto “Tonino o fifì”, e del 68enne di Capodrise Vittorio Musone, detto “Mino”. I due arrestati, pluripregiudicati e storici affiliati del clan Belforte di Marcianise, sono ritenuti dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli gli esecutori dell’omicidio in concorso di Raffaele Paolella, detto “o’ meccanic”, ucciso nella tarda serata del 10 aprile 1991. L’ordinanza di custodia cautelare eseguita è stata notificata a Letizia e Musone presso le Case Circondariali di Parma e Sassari, dove si trovano attualmente ristretti per altra causa.

L’AGGUATO DURANTE LA PARTITA – Paolella, esponente del clan rivale dei Piccolo, era stato giustiziato dai due killer in un agguato realizzato all’interno di un circolo ricreativo di Marcianise mentre stava guardando con alcuni amici la semifinale di Coppa delle Coppe tra Barcellona e Juventus. Letizia e Musone, giunti in auto col volto coperto da una calza scura di nylon, nel panico generale aveva esploso contro Paolella cinque colpi di fucile calibro 12, caricato a pallettoni, prima al corpo e poi alla testa, uccidendolo sul colpo. Pochi giorni dopo le forze dell’ordine trovarono la carcassa data alle fiamme dell’auto utilizzata per l’agguato, macchina poi risultata rubata, con all’interno anche i resti bruciati del fucile.

LE INDAGINI – Le indagini da subito si erano orientate verso il clan rivale dei Belforte, per quanto ci siano stati tentativi di sviamento, come una telefonata effettuata all’epoca ad un giornale locale da un anonimo con marcato accento sardo che attribuiva ai “Nuovi Nuclei Armati Casertani” l’esecuzione dell’omicidio.

Negli ultimi anni c’è stata quindi la svolta nell’inchiesta. Le indagini hanno portato all’emissione del provvedimento cautelare anche grazie alle dichiarazioni di importanti collaboratori di giustizia. L’omicidio rientrava infatti nella sanguinosa faida che, tra la metà degli anni ’80 e i primi anni del 2000, ha visto contrapporsi il clan Belforte e il clan Piccolo per il predominio criminale nel territorio di Marcianise e dei comuni limitrofi.

L’OMICIDIO PER VENDETTA – Un ruolo di primo piano nel delitto è stato svolto da Salvatore Belforte, fratello di Domenico, non attinto dal provvedimento cautelare poiché fonte di importanti dichiarazioni sul delitto, anche autoaccusatorie, rese in qualità di collaboratore di giustizia. Salvatore Belforte, infatti è stato sia l’ideatore che l’esecutore materiale del delitto, deciso per vendicare l’eliminazione del “belfortiano” Giovanni Ruocchio, avvenuta nel gennaio del 1987 ad opera del clan Piccolo. Di quel commando omicida faceva parte anche Raffaele Paolella, con funzioni di “specchiettista”.

LA RICOSTRUZIONE DELL’ESECUZIONE – Tuttavia i propositi di vendetta hanno subito una battuta d’arresto a causa del fatto che, poco dopo, Salvatore Belforte è stato arrestato. Rimasto in carcere fino al dicembre del 1990, ha ripreso la pianificazione del delitto per poi procedere anche personalmente alla relativa esecuzione. È stato lui, infatti, che ha materialmente imbracciato il fucile che ha fatto fuoco sulla vittima mentre Antonio Letizia, armato di una pistola, l’accompagnava nel circolo ricreativo con il compito di “tenere a bada” eventuali avventori. Vittorio Musone, invece, era l’autista: è stato lui che ha guidato la macchina che ha accompagnato i due killers sul posto e li ha attesi all’esterno, nel mentre veniva consumato il delitto, per poi darsi alla fuga una volta usciti dal locale e saliti a bordo.

Carmine Di Niro

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