Come fecero i talebani quando presero a cannonate le due enormi statue del Buddha
Un ponte, un treno, una trivella, un termovalorizzatore vanno “combattuti a prescindere”: le opere pubbliche oggetto dell’odio che alimenta la politica
Leggiamo dalle cronache. L’8 luglio scorso una cinquantina di persone – incappucciate e armate di coltello – appartenenti all’universo anarco-ambientalista hanno effettuato due raid nel cantiere del parco eolico sul Monte Giogo di Villore, nel Mugello provocando danni ingenti ai mezzi dell’azienda che gestisce il progetto, e tanta paura tra operi e ingegneri. Sul caso indagano carabinieri e Digos.
Il raid ha suscitato qualche sorpresa nel fronte ambientalista che non si sarebbe mai aspettato una manifestazione violenta contro quelle pale “benedette” perchè sfruttano un’energia pulita come il vento. Si vede che anche nei campi verdi dell’ambientalismo vige – mutatis mutandis – la dottrina di Pietro Nenni: “C’è sempre uno più puro che ti epura”. Nei giorni scorsi sono ricomparsi in grande spolvero i No Tav in Val di Susa, assalendo un cantiere dell’Alta Velocità, vicino al luogo in cui si svolgeva il Festival della Felicità (la Sanremo della contestazione) e scontrandosi con le forze dell’ordine e i militari che in 418 unità difendono da anni i lavoratori impegnati in quel progetto italo-francese. Per non farsi mancare nulla, gli attivisti hanno bloccato l’autostrada Torino-Bardonecchia, riscuotendo i ringraziamenti di Ilaria Salis per quella giornata di lotta. I No Tav sono divenuti un fenomeno sociale, di stampo identitario, che si tramanda tra le generazioni e come tutte le minoranze radicali si avvalgono della violenza per far valere le loro (s)ragioni.
Ma l’ambientalismo criminale può vantare altre imprese recenti. A Taranto, il Sindaco, a guida di una maggioranza di centro sinistra, Piero Bitetti si è dimesso dopo aver incontrato alcune associazioni ambientaliste in una riunione con toni davvero aspri, tanto da indurre il sindaco ad accusare di aver ricevuto minacce per la vertenza ex Ilva. Bitetti è accusato di tradimento per aver condiviso l’accodo di programma che consentirebbe a quella che era la più grande acciaieria d’Europa di installare, sui cadaveri degli altiforni ormai spenti, impianti idonei a friggere le uova. Basterebbe soltanto ormeggiare nel porto di Taranto una nave per la rigassificazione. No pasaran: hanno detto in coro i comitati ambientalisti. Anzi lo hanno chiamato “presidio” ma in realtà quella galassia ha assediato la Sede del Comune, mettendo in scena una replica meridionale dell’assalto a Palazzo d’Accursio da parte degli squadristi fascisti il 21 novembre 1920.
“È stata solo strumentalizzata la nostra rabbia” hanno affermato i manifestanti, ricordando come la protesta sia stata motivata dall’esasperazione di una comunità che si sente da anni sacrificata sull’altare della produzione siderurgica. Andranno a coltivare cozze pelose? Ma a questo punto fa la sua comparsa lo slogan delirante e disonesto che ha guidato quella lotta contro il lavoro e l’economia: “Tutto l’acciaio del mondo non vale la vita di un bambino”; quando i bambini muoiono di malattia, sete, fame e stenti proprio laddove non ci sono stabilimenti siderurgici né di fabbriche di altro tipo. Anche Michele Emiliano – già attivo nella “banda” dei killer dell’ex Ilva – si è reso conto che lo stabilimento si gioca le ultime possibilità di sopravvivenza pur se ridotto ai minimi termini. E lancia un assist al sindaco: “Però è chiaro che il Sindaco non può risolvere da solo un problema al Governo e a tutta l’opposizione, non può confrontarsi fisicamente senza le giuste tutele delle forze dell’ordine con un gruppo di persone che soffre nella propria carne un dolore non gestibile da nessuno”. A parte il dolore, sembra ovvio che il Governatore ormai consideri la vertenza un problema di ordine pubblico.
La politica e l’economia non c’entrano più. Nel caso di Taranto c’è stato anche un protagonismo della magistratura corresponsabile dell’opificidio di una fabbrica produttiva e rispettosa delle prescrizioni in materia ambientale (come certificò l’Arpa della Puglia), al cui management è stato persino impedito di avviare opere di risanamento (come la copertura dei giacimenti di materie della lavorazione). L’Italia è un singolare Paese; le opere pubbliche divengono oggetto di quell’odio che alimenta la politica. Un treno, un ponte, una trivella, un termovalorizzatore “fanno politica” a favore della parte avversaria (nel nostro caso la destra) e vanno combattuti a prescindere. Come fecero i talebani quando presero a cannonate le due enormi statue del Buddha scolpite da un gruppo religioso buddista nelle pareti di roccia della valle di Bamiyan, in Afghanistan, ritenute patrimonio dell’umanità.
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