L'Italia non rispetterà le scadenze
Il Sud affossato dalla revisione del PNRR. È il momento di un confronto con l’UE

Non intendo essere preposto alla produzione di allarmismi e di gratuite forme di terrorismo mediatico, però ritengo che la revisione del PNRR sia non solo pericolosa ma, cosa davvero più preoccupante, forse ancora incompresa dall’intero mondo delle costruzioni e dai vari Presidenti delle Regioni. Un mese fa, dopo che il Ministro Foti aveva esposto in Parlamento un dato sconcertante: “Pagamenti PNRR per 64 miliardi ne restano 130 miliardi”. Un’anticipazione facile da produrre in quanto, nei primi due anni di avvio, si erano commessi errori davvero assurdi.
Infatti l’intero impianto programmatico, prodotto dal Governo Conte e dal Governo Draghi, non conteneva:
- Una governance unica (fino all’inizio del 2023 vi erano ben sette centri di riferimento preposti alla gestione dell’operazione)
- Elaborati progettuali con caratteristiche tecniche a livello esecutivo e, soprattutto, supportati da misurabili processi autorizzativi
- Cronoprogrammi che in partenza assicurassero il completamento delle opere entro il 30 giugno 2026
Per cui era stato davvero facile poter quantificare, analizzando i singoli comparti, una concreta attivazione della spesa al 30 giugno 2026 non superiore ai 90 miliardi di euro. Di fronte a questa perdita secca di risorse, avevo prospettato una proposta alternativa alla richiesta di proroga di un anno (richiesta che risolverebbe solo parzialmente una simile emergenza in quanto, dopo un anno, potremmo spendere solo ulteriori 12 miliardi) prospettando una rilettura della dotazione di partenza (articolata per copertura a fondo perduto e prestiti) e indicando un’alternativa forse più difendibile. Il volano di risorse pari a 191,5 miliardi di € (68,9 miliardi di euro a fondo perduto e 122,6 finanziati tramite prestiti) a cui si aggiunge l’importo di 30,6 miliardi attraverso il Fondo complementare e che, su preciso indirizzo dell’Unione Europea, deve rispettare le stesse logiche e le stesse scadenze del PNRR, vede un residuo di risorse non spese pari a 135 miliardi di euro. Servirebbe quindi un’ipotesi di lavoro che osservasse i seguenti punti:
- Chiedere all’Unione Europea di aprire un confronto diretto in cui il nostro Paese ammette l’impossibilità di rispettare quanto previsto in merito alla scadenza dell’intero impianto programmatico e giustifica una simile inadempienza, ricordando anche che una delle cause era da ricercarsi sia nell’alternarsi di tre distinti Governi, sia nella serie di verifiche elettorali effettuate negli anni 2022 e 2023. Verifiche sia nazionali che locali, e questa mancata continuità amministrativa ed istituzionale aveva prodotto sostanziali ritardi nei processi autorizzativi
- Trasformare le risorse a fondo perduto, pari a circa 28 miliardi non spendibili dei 68,9 miliardi autorizzati, in prestito con un tasso di interesse da definire
- Aumentare i tassi dei 52 miliardi di euro dei 122,6 autorizzati inizialmente, mantenendo inalterati i tassi dei 20 miliardi dei 30,6 miliardi del Fondo complementare
- Fissare come scadenza definitiva di tutta l’operazione il 30 giugno del 2028; una data questa identica alla scadenza del Fondo di Sviluppo e Coesione 2021 – 2027 (scadenza che contiene in partenza una proroga fino al 30 giugno del 2029).
Penso che l’Unione Europea possa essere disposta a confrontarsi su una simile proposta e in particolare si convinca che, con l’adeguamento dei tassi di interesse, il nostro Paese sta praticamente adottando una procedura che non penalizza, in alcun modo, le aspettative di altri Paesi interessati da Fondi del Programma Next Generation EU (NGEU), il pacchetto da 750 miliardi di euro. Temo che ogni ipotesi alternativa si configuri come un imperdonabile fallimento. Un fallimento che peserebbe moltissimo nel bilancio conclusivo dell’attale Legislatura e, cosa ancora più preoccupante, mi chiedo quale sarà il comportamento dei Presidenti delle Regioni meridionali, si del Presidente De Luca, Emiliano, Bardi, Occhiuto e Schifani, quando non potranno più contare in coperture finanziarie per opere come gli assi ferroviari ad alta velocità Battipaglia – Romagnano, Taranto – Potenza – Battipaglia, Palermo – Catania. Catania – Messina. Coprire queste opere con le risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione 2021 – 2027 non è possibile, sia perché non ce lo consentirà la Unione Europea, sia perché non lo consentiranno le Regioni, sia perché la quota del Fondo di Sviluppo e Coesione è assicurata per il 50% con risorse dello Stato, risorse che allo Stato non credo esistano.
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