Il nome di Silvio Berlusconi è sulla bocca di tutti, nella Sala della Regina di Montecitorio. L’occasione data dall’uscita del libro «Una battuta, Presidente», edito da Marlin editore, rimette intorno a quel nome amici e nemici. Uniti, i secondi più ancora dei primi, da quell’elemento catalizzatore che è stato nella vita politica italiana il Cavaliere. La memoria va agli anni della fondazione di Forza Italia, ai suoi primi tempi ma anche al ventennio successivo. Per via del Plebiscito è passato tutto il mondo e tutta la storia. Per oltre vent’anni palazzo Grazioli e non Palazzo Chigi è stato il centro del potere in Italia. Dal marciapiede della residenza romana di Silvio Berlusconi due esperti cronisti parlamentari di Adnkronos e Agi hanno seguito ogni movimento del leader di Forza Italia. E sono stati loro, Vittorio Amato e Giovanni Lamberti, a dare alle stampe questo prezioso volume che non è un ricordo ma un racconto al presente.

Cosa è stato Berlusconi, cosa ha lasciato? Se il cronista si guarda intorno, in quella Sala della Regina, tanti orfani ma nessun erede. E più sono quelli che pretendono di esserlo, più si capisce che non lo saranno mai. Proprio perché un Silvio Berlusconi può nascere ogni duecento, trecento anni. E in sala lo rimpiangono tanti, parlamentari azzurri e del centrodestra, ma anche qualcuno degli altri gruppi venuto a rendere omaggio. «Dopo di me il diluvio», ha confidato il Cavaliere a Vittorio Amato, che sferza i deputati berlusconiani senza guardarli in faccia: «Sapeva di non avere un delfino, nel centrodestra. È stato uno dei suoi crucci più grandi». Deborah Bergamini racconta di quando lei lo intervistò, per Bloomberg, a Londra. Il Cavaliere la notò per le capacità professionali, la competenza internazionale, le lingue e volle lei nel suo staff. «Prima per rappresentarlo a Bruxelles, subito dopo per seguirlo in politica, a Roma. E mi cambiò la vita», rievoca la vicecapogruppo di FI alla Camera. «Era incapace di riposare. Sempre attivo, sempre vigile, a Helsinki dopo una giornata di vertici estenuanti prese me e Paolo Bonajuti e ci costrinse a fare un giro della capitale finlandese alle 2 di notte», aggiunge Bergamini.

E proprio quando la sua ex portavoce tira in ballo l’estremo vitalismo di Berlusconi, entra e si siede accanto a lei il ministro Pichetto Fratin. Che aggiunge un po’ di colore: «Ho un addome abbondante, Berlusconi mi raccomandava di tenere la giacca abbottonata», tiene a far sapere. Gli aneddoti sono numerosi. Arrivano quelli della ministra Elisabetta Casellati, del Vicepresidente della Camera Giorgio Mulé, due azzurri doc, e quelli di Maurizio Lupi e di Lorenzo Cesa, scuola Dc. «Conoscevo la sua passione per la politica molti anni prima del 1994 – dice Cesa – Veniva spesso a colloquio con Arnaldo Forlani e con Ciriaco De Mita, era preoccupato per la possibile deriva del Paese a sinistra». Ecco, quel Berlusconi che ha fatto la storia perché ha reinventato la politica, e ha fondato uno dei due poli costringendo l’altro a correre sulla strada del riformismo, è il grande assente di certe rievocazioni sin troppo cedevoli sulla piega del rapporto umano, della confidenza perduta.

La grande intelligenza strategica, la grande regia della seconda Repubblica è qui solo accennata. Così è il taglio del libro stesso, «leggero, che non vuol dire superficiale, come ci ha insegnato proprio Silvio Berlusconi», dice ancora Bergamini. «Questo libro è fatto di tante immagini, tanti episodi – ha aggiunto – raccontati con la nostra lente d’ingrandimento di cronisti di strada, attraverso le confidenze dei parlamentari e con la volontà di suscitare un’emozione”, evidenziano Amato e Lamberti. I due cronisti non nascondono la difficoltà di seguirlo, di raccontarlo per le rispettive agenzie senza fare i conti con i sentimenti: «Era affettuoso e considerava suoi pari tutti i collaboratori, ma anche chi che come noi lavoravano con lui e non per lui». E così, parlando di Berlusconi, è inevitabile sorridere e scherzare, come nota Francesco Verderami, chiamato a fare il cerimoniere. Non può esserci solo mestizia, a sei mesi dalla scomparsa. C’è anche – e forte – la consapevolezza per i liberali, i moderati, i popolari di aver perso per sempre un punto di riferimento. Non ce ne sono altri, in quella sala. Bisognerà cercare una nuova stella polare altrove.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.