Una semplice bottiglietta di Coca Cola, che poi tanto semplice non era perché conteneva un ordigno esplosivo (e fortunatamente mai deflagrato) ritrovata da un cacciatore il 28 ottobre di 16 anni fa a Zoppola, vicino Pordenone. Da questo e da altri dieci reperti rinvenuti e recuperati sui luoghi di dieci attentati si verificherà se è possibile estrarre tracce biologiche, grazie all’incidente probatorio fissato per il 13 marzo.

Così procede rapida l’inchiesta bis su Unabomber aperta lo scorso novembre su richiesta di due vittime, Francesca Girardi e Greta Momesso, dalla Procura di Trieste dopo che un podcast del giornalista Marco Maisano, intitolato Fantasma – Il caso Unabomber, aveva rivelato l’esistenza di nuovi reperti delle prime indagini, che potevano essere analizzati con le moderne tecniche del dna.

Le ipotesi sono i reati di attentato per finalità terroristiche o strage con l’aggravante dell’associazione con finalità di terrorismo e che lunedì si è vista accogliere dal presidente della sezione gip, Luigi Dainotti, la richiesta di incidente probatorio deciso poi per le 9.30 del 13 marzo che servirà a verificare se è possibile l’estrazione di tracce biologiche da dieci reperti recuperati sui luoghi di cinque attentati e, in caso positivo, se è fattibile compararne i risultati con il profilo genetico degli undici indagati, delle persone inserite nella banca dati Dna e di ulteriori soggetti ritenuti di interesse investigativo.

All’epoca della prima inchiesta erano stati già indagati in dieci, ma le loro posizioni erano state archiviate. L’ultimo invece è entrato in scena due mesi fa: si tratta di un sessantenne cagliaritano trasferito a Gaiarine di Treviso, secondo i vicini di casa non da molto tempo, e segnalato agli inquirenti dai carabinieri del Nucleo investigativo del capoluogo veneto il 26 dicembre scorso. Ad oggi disoccupato, l’uomo ha subìto una perquisizione, e non avrebbe alcun legame con Elvo Zornitta, l’ingegnere di Azzano Decimo al centro della prima inchiesta, né avrebbe mai lavorato in aziende produttrici di componenti utilizzati da Unabomber per confezionare gli ordigni. Sui di lui è trapelata un’unica valutazione, si tratterebbe di “una persona la cui attendibilità appare problematica ed è tutta da verificare”.

A parte un indagato (e ai fratelli Zornitta) è stato assegnato a tutti l’avvocato d’ufficio Alessandra Devetag del Foro di Trieste, che deve però ricevere il mandato fiduciario. “Sarà necessario acquisire i profili genetici”, scrive il gip, mentre il Dna degli altri era già stato depositato a suo tempo. “Al momento non sono stati acquisiti a carico di alcuno dei soggetti sottoposti a indagine elementi più significativi — precisa il gip — e che la loro menzione in questa sede deriva soltanto dall’esigenza di evitare possibili future prospettazioni di nullità o inutilizzabilità dei risultati dell’incidente probatorio richiesto”.

Nessuna prova di colpevolezza a carico degli indagati, al momento almeno, come già specificato dal procuratore di Trieste, Antonio De Nicolo, che coordina l’inchiesta insieme al sostituto Federico Frezza: “Nei confronti di nessuno degli indagati sono stati acquisiti elementi tali da consentire di convogliare le investigazioni in una precisa direzione. Sarà l’accertamento genetico, speriamo, a portare elementi utili a tal fine”.

Sotto la lente degli analisti ci saranno i peli trovati nell’ordigno inesploso il 6 marzo 2000 e inserito in una bomboletta di stelle filanti durante il Carnevale di San Vito al Tagliamento, i peli rinvenuti nell’uovo-bomba inesploso e lasciato al supermercato di Portogruaro il 31 ottobre 2000, i peli repertati nel tubo-bomba che il primo novembre 2000 ferì una donna in un vigneto di San Stino di Livenza, il nastro isolante sulla confezione di pomodoro esplosa in mano a Nadia De Ros il 6 novembre 2000 e il nastro isolante sull’ordigno inesploso (e nascosto in un tubetto di maionese) a Roveredo in Piano il 17 novembre 2000.

Saranno analizzati anche rilievi dattiloscopici relativi alla bomba esplosa nel bagno del tribunale di Pordenone il 24 marzo 2003, l’inginocchiatoio contenente una bomba che non deflagrò e fu trovata il 2 aprile 2004, la scatoletta di sgombro inviata l’11 marzo 2005 con una derrata alimentare dalle suore di Concordia Sagittaria alle consorelle in Romania e all’interno della quale c’era un ordigno (inesploso), il congegno (anch’esso mai deflagrato) scoperto sotto la sella della sua bici da una donna il 9 luglio 2005 a Portogruaro e, a chiudere il cerchio, proprio la bottiglia di Coca Cola recuperata a Zoppola nell’autunno del 2007.

Riccardo Annibali

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