La vera festa ai lavoratori? L’ha fatta il sindacato. Perché nel mondo vero, non “del lavoro che cambia” ma di quello che è cambiato già da un pezzo, una parte importante di chi lavora non è rappresentato dai sindacati tradizionali. Le partite Iva e gli Autonomi in Italia sono cinque milioni. Su trentacinque milioni di cittadini attivi, quasi il 15%. Mai considerati nei discorsi del primo maggio, questi cinque milioni di motori accesi sono la propulsione del sistema-Italia. E non si tratta solo di commercianti, artigiani, imprenditori e liberi professionisti: ci sono i lavoratori della conoscenza, i ricercatori universitari, il terzo settore, la cooperazione, gli artisti. Quelli a cui il sindacato dimentica di parlare e la politica, a ricasco, si indirizza poco e male. Anche perché questo esercito è privo di generali. Ha un deficit di rappresentanza. Recentemente la Sda Bocconi si è impegnata a parlarne e ha promosso una serie di incontri, a partire da quello coordinato con il Centro Studi Autonomi e Partite Iva, nell’intento di costruire un dialogo utile a capire meglio l’entità del fenomeno del lavoro autonomo. Il centro studi, che ha la sua sede principale a Milano ed è presieduto da Eugenio Filograna, un imprenditore (PostalMarket) che aveva collaborato con il primo Berlusconi del 1994 ed è seguito ogni giorno da mezzo milione di persone sui suoi canali social.

Le partita Iva chiuse dopo lockdown

“Sono state numerose le posizioni chiuse nell’ultimo anno, molte le difficoltà a fare fronte a un sistema fiscale oppressivo. Dopo la pandemia e il lockdown la metà delle piccole aziende e delle Partite Iva non è tornata a fatturare come prima”, la sintesi del libro bianco sulle Partite Iva presentato in Bocconi.
Dopo aver riattivato il centro studi sulle partite Iva, lo scorso autunno ha commissionato un sondaggio a SWG dal quale emergeva il loro rapporto conflittuale con politica e sindacati. Nessuno escluso. Dalla rilevazione, lavoratori autonomi e partite iva risultano altamente critici nei confronti delle scelte del Governo sull’economia: solo tra gli imprenditori le valutazioni positive superano il 30%. E anche qui c’è più di un elemento che colpisce: alla domanda su quale partito rappresenti meglio gli interessi degli imprenditori, di autonomi o partite Iva, solo il 30% risponde indicando partiti di centrodestra. E non perché privilegino gli altri: il Pd verrebbe scelto solo dal 7%, che salgono a 9% per il Movimento Cinque Stelle. “Nessun partito ci rappresenta” è l’opzione votata dal 31%.

Nessuna rappresentanza

In una domanda successiva, gli intervistati testimoniano anche di non riscontrare una rappresentanza di categoria valida tra le associazioni e le sigle esistenti. E proprio per questo il libro bianco sugli Automi e Partite Iva che Csapitalia ha fatto per la Bocconi parla, con la forza dei numeri, di un mondo tanto presente nella vita reale quanto assente dal dibattito pubblico. Soprattutto oggi che è primo maggio. Cosa pensano, cosa vogliono, di cosa si lamentano questi cinque milioni di italiani non sindacalizzati? Chi vive di lavoro autonomo sconta un eccessivo peso del fisco, indicato come principale criticità soprattutto da chi ha un fatturato ridotto. Nel cahier des doléances ci sono, per il campione sondato: carico fiscale pesante, quantità di procedure burocratiche, l’eccesso normativo di leggi e regolamenti. Il rapporto con le tasse (pagina 21) non è però sempre e solo critico.

Tasse

Per il 54% delle partite Iva intervistate, pagare le tasse è un dovere civico ed uno strumento di equità. Solo il 25% definisce le tasse come un freno allo sviluppo economico e solo il 21% come uno strumento vessatorio. Il livello di tassazione, però, riunisce il campione: per l’81% è troppo elevato; per il 15% va bene così com’è. Solo una sparuta minoranza, per il 3% è abbastanza basso, per l’1% è molto basso. Anche sull’accesso al credito e sull’accensione dei mutui le partite Iva condividono gli stessi problemi: per il 46% del campione è sempre difficile ottenere credito in banca. Siamo pur sempre la patria delle Pmi. Infatti nel dettaglio proposto a pagina 26, nell’accesso al credito hanno maggiori difficoltà le partite Iva sopra i 100.000 euro di fatturato annuale, mentre va meglio per chi fattura tra i 50 e i 100 mila euro e decisamente bene per chi fattura sotto i 50.000 euro.

“Questa rilevazione – dichiara Eugenio Filograna presidente di Csapitalia – mette in evidenza un dato macroscopico e inquietante per l’intero sistema-Paese. Lavoratori autonomi, Partite Iva e micro-imprenditori, ovvero il seme dell’economia italiana, sono preoccupati per il futuro e si sentono poco rappresentati dalla politica, da chi deve prendere le decisioni. Siamo ancora un Paese troppo ingessato, troppo burocratizzato e con troppo distacco tra il mondo di chi produce e le istituzioni. È un campanello d’allarme per tutti, non solo per gli Autonomi e Partite Iva”.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.