Secondo Bloomberg “un successo di immagine” ma finanziariamente "è un disastro totale"
Yacht sequestrati agli oligarchi russi, il paradosso della sanzione: “Costa all’Italia 40mln all’anno”
Nel porto della Marina di Carrara c’’è da mesi fermo lo Scheherazade, il mega yacht di oltre 140 metri che secondo i giornalisti del team del dissidente Alexej Navalny, apparerrebbe proprio al presidente russo, Vladimir Putin. Vale 650 milioni di dollari, ha due eliporti e una piscina che può diventare una pista da ballo. Al porto di Imperia c’è la “Lady M”, di proprietà dell’oligarca Andrei Mordashov, a Sanremo è ormeggiata la Lena di Gennady Timchenko. Ma quanto costa all’Italia mantenere sotto sequestro queste enormi imbarcazioni di lusso? Secondo i conti fatti da Bloomberg, costerebbe 40 milioni di dollari all’anno all’Italia.
L’Italia è stata una delle mete preferite dagli oligarchi russi per le loro vacanze estive e anche per la rimessa e manutenzione dei loro gioielli del mare. Ed è proprio nei porti in cui erano ormeggiate che poi sono rimaste dopo le sanzioni per la guerra in Ucraina. E questo, che all’inizio sembrava “un atto di giustizia”, secondo Bloomberg, è stato “un successo di immagine per i governi occidentali”, ma da un punto di vista finanziario “è un disastro totale”. “La maggior parte di queste mega-imbarcazioni immobilizzate prosciuga denaro e in alcuni luoghi, ma non in tutti, quei soldi provengono dai contribuenti”, scrive la testata americana.
Secondo l’analisi fatta da Bloomberg, mantenere uno yacht di questo tipo può costare dal 10% al 15% del suo valore. “Una tassa per la vanità” che probabilmente gli oligarchi russi pagavano di buon grado ma che per i paesi dove sono rimaste ormeggiate potrebbe essere un salasso. Fermi nel porto costano certamente meno, intorno al 3% del valore della nave. Per Bloomberg i governi italiano e statunitense, pagheranno più di 50 milioni di dollari all’anno per mantenere le loro flotte di megayacht fermati. “Fonti portuali in Francia e Spagna sostengono che non sono i contribuenti ma gli stessi proprietari a coprire i costi dei loro yacht, ma considerate le sanzioni sembra improbabile che tale accordo permanga visto che la guerra continua e che i beni rimangono congelati”.
Per capire la misura dei costi basti pensare che nel porto di Trieste c’è ormeggiata sotto sequestro la “Sy A” (Sailing Yacht A) la barca a vela più grande del mondo del miliardario russo Andrey Melnichenko. Vale 550 milioni di dollari e ha un albero maestro più alto del Big Ben e una capsula di osservazione subacquea di vetro. Proprio per la sua unicità necessita di grande e frequente manutenzione.
Bloomberg, secondo quanto riportato dall’Agi, ha citato anche un altro caso emblematico, quello dello yacht Amadea sequestrato dalle autorità statunitensi che si presume essere di proprietà del miliardario russo Suleiman Kerimov. Lungo 348 piedi, con sei pont, vale 325 milioni di dollari ed è ormeggiato nel porto di San Diego. Secondo l’analisi la sua manutenzione può arrivare a costare 10 milioni di dollari l’anno. “A bordo c’erano già due pianoforti a coda (uno dipinto a mano), una piscina a mosaico di 32 piedi e quella che potrebbe essere una delle ultime uova Fabergè rimaste, commissionate dalla famiglia imperiale russa e del valore di milioni di dollari”. Secondo Bloomberg, tutto questo è ora “sotto le cura dei contribuenti americani”. “E un superyacht richiede molte cure. Non è infatti possibile lasciarlo attraccato e incustodito” in attesa che la guerra finisca.
“L’acqua salata e l’umidità causano ruggine e muffa a meno che l’aria condizionata non sia accesa. Amadea ha sistemi autonomi di generazione elettrica e per desalinizzare la propria acqua, ma questi sistemi devono essere mantenuti. Le eliche devono essere azionate regolarmente per prevenire l’accumulo dei cirripedi. Lo yacht deve essere lavato settimanalmente per evitare l’accumulo di sporco che potrebbe danneggiare l’esterno e richiedere un lavoro di riverniciatura del costo multimilionario. Le cime di ormeggio devono essere monitorate in modo che non si rompano quando venti e correnti sono forti. Normalmente gestito da un equipaggio di 33 persone, Amadea ne ha ancora bisogno di almeno la metà, tra ingegneri e addetti al ponte, che ruotano a bordo, pronti a intervenire in caso di fuoriuscite di carburante o incendi”. A questo si aggiungono i costi dell’assicurazione milionaria e quelli di attracco, quasi mille dollari al giorno, già arrivati a oltre 120mila dollari. Cifre da capogiro che non è chiaro se sarà possibile un giorno rivalere.
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