Se n’è andato all’indomani della qualificazione del suo Napoli agli ottavi di Champions League e non avrebbe potuto essere altrimenti: Antonio Juliano è morto ieri all’età di ottant’anni. “È una delle giornate più brutte della storia del Napoli e dei suoi tifosi. Si è spento Antonio Juliano, che per due decenni è stato il Napoli. Per coloro che non lo abbiano conosciuto vale la pena farsi raccontare chi sia stato e cosa abbia rappresentato per la nostra città. Ciao, Totonno!”, dai social è arrivato subito il messaggio della società partenopea, rilanciato dal presidente Aurelio De Laurentis. La Figc ha deciso di onorarne la memoria facendo osservare su tutti i campi prima delle gare del fine settimana (compresi i posticipi di lunedì) un minuto di raccoglimento. “Se ne va uno dei protagonisti di una delle pagine più gloriose del calcio italiano. Campione d’Europa, vicecampione del mondo, giocatore di qualità e fantasia al servizio del suo club e della Nazionale, a Napoli ha rappresentato un’istituzione prima da calciatore poi da dirigente”, ha ricordato il presidente della Figc, Gabriele Gravina.

Juliano ha legato il suo nome a quello della società, prima da giocatore e poi da dirigente; centrocampista completo, un “numero 8” di valore assoluto. Cresciuto nelle giovanili del Napoli esordì in prima squadra nel 1963 a 21 anni, totalizzando 505 presenze (meglio di lui hanno fatto solo Giuseppe Bruscolotti e Marek Hamsik), segnando 38 reti e vincendo con la fascia di capitano al braccio due Coppe Italia. La maglia rossoblù del Bologna – seconda pelle di un altro grandissimo numero 8, Giacomo Bulgarelli – indossata nella stagione 1978/79 ha rappresentato l’unico strappo a una “carriera monocolore”: azzurra, come la maglia del Napoli e quella della nazionale che Juliano ha indossato 18 volte, partecipando ai campionati europei vinti nel 1968 e alla spedizione messicana del 1970 dove l’Italia si arrese solo in finale al Brasile di Pelé, per la cronaca Juliano disputò l’ultimo quarto d’ora di quella partita subentrando a Bertini. Juliano guidò in campo anche formazioni ambiziose capaci di far sognare a Napoli la vittoria del tricolore nel 1971 e nel 1974 (terzo posto) e nel 1975 (secondo posto).

Dietro la scrivania, nei primi anni 80 alla corte del presidente Corrado Ferlaino, contribuì a gettare la basi per le grandi vittorie firmate da Diego Armando Maradona; fu proprio Juliano a condurre l’estenuante trattativa col Barcellona che nel 1984 portò il Pibe de Oro a Fuorigrotta; Ruud Krol, il suo primo grande colpo e Ramon Diaz gli altri campioni stranieri ingaggiati da dirigente. Nel 1985 Juliano chiuse la sua carriera da dirigente, ritirandosi definitivamente dal mondo del grande calcio. Anche la città si è fermata per ricordare questo straordinario uomo di sport che, come ha spiegato il sindaco in una nota, merita di essere ricordato dalla città nella maniera migliore. “Juliano ha mantenuto, con i tifosi e con la sua città, un legame indissolubile anche dopo aver smesso di giocare ed essere dirigente del Napoli”, ha ricordato il sindaco Gaetano Manfredi.