Nella smagliante compagine governativa, che già può annoverare perle di rara saggezza come un Ministro della Cultura che premia un libro che non ha mai letto o un Ministro dell’Istruzione che sostiene che “l’umiliazione è un fattore fondamentale nella crescita della personalità”, abbiamo da ieri una splendente stella in più: il Ministro delle Imprese e del Made in Italy Urso.
Si, proprio lui, Adolfo Urso, quello che nel 1995, quando le ferite inferte dal terrorismo rosso e nero erano ancora aperte, presentò il progetto di legge n. 346 che si titolava “Concessione di indulto per le pene relative a reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale”. In passato, il responsabile di uno dei dicasteri chiave ci aveva già provato, e direi con ottimi risultati, ad entrare nell’olimpo dei gaffeurs governativi.

Sulle scivolate di Adolfo Urso potremmo scrivere un libro: dal caro benzina alle accise, dai taxi ai voli aerei, una serie di figuracce che in più occasioni hanno messo alla berlina il Governo, preoccupando seriamente la Premier, quotidianamente alle prese con Ministri che sembrano più interessati all’apparire sui mezzi di informazione piuttosto che a definire politiche e strumenti per permettere al Paese di uscire dall’impasse in cui si trova.

Come non ricordare le vicende estive sul caro benzina che hanno visto come protagonista assoluto il Ministro Urso? Il primo agosto parte l’obbligo per i distributori di esporre un cartello con i prezzi dei carburanti, annunciato in pompa magna dal Ministro come” operazione trasparenza che permetterà di contenere il prezzo di benzina e gasolio”. Considerati i risultati fallimentari dell’operazione, visto che nei giorni successivi il prezzo di benzina e diesel continua a salire, il Ministro si esibisce in una ridicola quanto patetica ricerca del colpevole: dapprima la colpa è degli automobilisti, che si fanno servire e non utilizzano il self service, poi dei distributori, poi delle imprese di raffinazione.

Ed alla fine, non contento del goffo e comico balletto di accuse, il colpo di scena: il Ministro Urso scopre che in Italia i carburanti sono cari perché le accise sono alte. Quelle stesse accise che sono imposte dal Governo e che in campagna elettorale i suoi compagni di viaggio avevano solennemente promesso di diminuire. (Ve lo ricordate il tronfio Salvini? “Al primo consiglio dei ministri diminuirò le accise sulla benzina,”, diceva, con tanto di cartello esemplificativo!)

Non contento, o forse neppure consapevole, della miserrima figura rimediata in estate, il Ministro torna sull’argomento lo scorso dicembre, scrivendo trionfalisticamente su un social network “il tabellone sul prezzo medio dei carburanti ha portato ad una costante riduzione del prezzo di gasolio e benzina”. Ennesima boutade subito smentita dagli addetti ai lavori ma soprattutto da due fatti inequivocabili: in Francia, Germania e Spagna, che non hanno potuto fruire della grandiosa pensata dei tabelloni, il prezzo dei carburanti ha registrato lo stesso andamento che in Italia; in secondo luogo assai simile è stato il trend del prezzo del petrolio, materia prima della benzina.

Per non parlare poi degli interventi dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che in più occasioni ha sottolineato l’inutilità o addirittura le controindicazioni legate all’“Operazione tabelloni”. Una debacle su tutta la linea, che avrebbe dovuto convincere il Ministro ad essere più prudente e cauto, a ponderare bene le sue uscite sui social network in cerca di effimera notorietà, a ragionare, studiare ed approfondire il contenuto dei suoi tweet per evitare figure da dilettante allo sbaraglio. Ed invece niente di tutto ciò, due giorni fa il Ministro ci è nuovamente cascato.
L’ennesimo tweet dai toni entusiastici, con un titolo altisonante “L’ inflazione sale in Europa e scende in Italia” ed un chiaro istogramma che indica l’inflazione in Francia al 4,1%, in Germania al 3,8%, in Spagna al 3,3%, nella zona Euro al 2,9% ed in Italia allo 0,5%. Non voglio addentrarmi in noiose e poco comprensibili dissertazioni sull’inflazione tendenziale o sull’inflazione media annua, che ricordo in Italia nel 2023 è stata del 5,6%; oltre al resto, la prossima liberalizzazione del mercato dell’energia, unita ad uno dei peggiori tassi di crescita a livello europeo per il 2024, avrà certamente effetti negativi.

Quello che voglio sottolineare è l’incredibile commento del Ministro al suo stesso tweet: “Pieno successo del carrello tricolore, smentiti i profeti di sventura”. Faccio veramente fatica ad accettare una simile mistificazione della realtà, ancora di più quando proviene da un Ministro. Che il carrello tricolore sia stato un buco nell’acqua non lo dico solo io, che potrei avere un’altra visione politica, non lo dicono solo i cittadini che ogni giorno vanno a fare la spesa, che potrebbero avere scelto il supermercato sbagliato, non lo dicono solo le associazioni dei consumatori, che potrebbero essere di parte, ma lo dice innanzitutto il Governo, che ha ritenuto di non prorogare l’iniziativa, e lo dice soprattutto l’Istat, l’Istituto Nazionale di Statistica.

L’inflazione è in fase di riduzione, questo è un dato di fatto, e tutti ne siamo assolutamente contenti perché creda, Ministro Urso, i profeti di sventura che gioiscono quando il Paese va a rotoli esistono solo nei pensieri delle persone che vivono di vittimismo e mania di persecuzione, ma il “ merito” è da attribuirsi, e questo è un altro dato di fatto, alla riduzione dei prezzi dei beni energetici; i prodotti alimentari, per contro, sono infatti aumentati nel 2023 del 9,8%, un punto in più rispetto al +8,8% registrato nel 2022. E nonostante un incremento rilevante e soprattutto crescente dei prezzi dei beni alimentari, il Governo ha ritenuto di non rinnovare la secondo loro brillantissima operazione del carrello tricolore. Sono molto perplesso, i conti non mi tornano.

Comunque dopo la magra dei tabelloni con il prezzo della benzina, con la vicenda del carrello tricolore il Ministro Urso si è reso protagonista di un’altra brutta figura. E sono molto desolato e preoccupato di dover dire che molto probabilmente non finisce qui, perché si profila all’orizzonte un’altra operazione ad alto tasso di rischio figuraccia, il prossimo Piano incentivi per l’acquisto di nuove autovetture.

I contorni dell’operazione non sono ancora definiti con precisione, ne sapremo di più verso la fine del mese, ma si parla di uno stanziamento complessivo di circa un miliardo, da distribuire sotto forma di contributi per l’acquisto di una nuova autovettura, con un trattamento privilegiato per le auto elettriche ed una particolare attenzione alle famiglie meno abbienti.
Partendo dal presupposto che, in una situazione economica preoccupante e davanti ad un futuro incerto, il primo pensiero di una famiglia non credo sia quello di cambiare l’auto, gli italiani hanno bisogno di ben altro, mi vengono spontanee alcune domande.

Finanzieremo con questi contributi l’acquisto di auto elettriche di produzione cinese? Faremo aumentare le vendite a case automobilistiche che hanno la sede ad Amsterdam e pagano le tasse all’estero? Contribuiremo a rendere ancora un po’ più ricco Elon Musk acquistando la sua Tesla, magari con un ringraziamento per la sua partecipazione ad Atreju? Presto per dare risposte, staremo a vedere. La partita è nelle mani del Ministro Urso e visti i suoi precedenti, lasciatemi dire in tutta onestà che non sono per nulla tranquillo.