L'intervista
Afd, l’avanzata che viene da lontano. Paolo Valentino: “Scholz rischia grosso, Spd suggestionata da un nuovo cancelliere. E nell’Est i tedeschi si sentono ancora di Serie B”
Il boom dell’ultradestra alle elezioni regionali colloca la Germania nel pieno di un’importante fase storica. Ma il risultato emerso dalle urne, fa notare Paolo Valentino, non è di certo un colpo di scena: «Il successo dell’Afd viene da lontano». Prima le porte aperte di Angela Merkel verso i migranti, poi l’instabilità politica al centro e gli inciampi dell’amministrazione composta da verdi, liberali e socialdemocratici. Nel frattempo Alternative für Deutschland ha continuato a soffiare sul malcontento dell’opinione pubblica e si è rafforzata. L’Est, ad esempio, è spaventato dalle politiche sulla transizione energetica e si oppone all’invio di armi all’Ucraina. Non a caso si registra l’avanzata anche di Bsw di Sahra Wagenknecht, la cui formula – sostiene lo storico corrispondente del Corriere della Sera da Berlino – «comporta un ibrido che evidentemente è appetibile per una parte di elettorato» che guardava anche all’Afd. C’è pure una «percezione crescente» di essere tedeschi di seconda classe, «di essere stati dimenticati, di non essere stati adeguatamente considerati nelle loro aspettative».
Per Valentino non siamo di fronte a un avviso di sfratto per Olaf Scholz, ma certamente l’esito elettorale è un «avvertimento molto pesante». La data da cerchiare in rosso è quella del 22 settembre, giorno del voto nel Brandeburgo: se anche qui i socialdemocratici dovessero cadere, allora il cancelliere potrebbe essere sfiduciato dall’Spd ed essere sostituito.
L’ultradestra tedesca vola nell’Est. È un risultato inaspettato o una conferma delle previsioni fatte alla vigilia del voto?
«È una semplice conferma, non scopriamo niente di nuovo. È un risultato scontato: c’era l’attesa e si sapeva che l’Afd avrebbe stravinto le elezioni. L’unico dubbio riguardava la Sassonia, dove addirittura c’era la prospettiva che Alternative für Deutschland arrivasse al primo posto e invece la Cdu ha retto».
Quali sono le radici dell’affermazione dell’Alternative für Deutschland?
«L’Afd viene da lontano. Il grande successo comincia nel 2015, quando Angela Merkel ha promosso la politica delle porte aperte verso l’ondata dei migranti. Lì l’Afd ha soffiato sull’opinione pubblica e ha speculato sull’invasione. Anche perché la decisione di Merkel, molto generosa, è stata mal preparata: soprattutto a Est è stata percepita in un modo molto negativo. Ma in questi anni l’Alternative für Deutschland ha beneficiato di diversi elementi».
Ad esempio?
«L’instabilità politica al centro, le pessime performance di questa amministrazione del semaforo (verdi, liberali e socialdemocratici). Hanno spaventato la popolazione, imponendo una transizione energetica troppo ambiziosa. Dopo l’approvazione del provvedimento che imponeva a tutti i tedeschi di cambiare scaldabagni con pompe di calore – comportando spese per migliaia di euro per ogni famiglia – i ceti meno abbienti si sono rivoltati, soprattutto all’Est. C’è un problema di divario di reddito: ancora oggi, a parità di lavoro, all’Est si guadagna il 20% in meno che all’Ovest. C’è soprattutto una percezione crescente di essere tedeschi di seconda classe, di essere stati dimenticati, di non essere stati adeguatamente considerati nelle loro aspettative: questo sentimento si traduce in consenso per l’Afd, che ovviamente soffia su queste paure».
Anche il supporto militare all’Ucraina ha contribuito a determinare una situazione del genere?
«Sì, l’atteggiamento di sostegno della Germania è stato percepito male all’Est. Il pacifismo un po’ filo-russo, filo-sovietico ha ancora radici. Non a caso la maggioranza dell’opinione pubblica nell’Est è contro l’invio di armi all’Ucraina. E – guarda caso – sia Afd sia Bsw hanno soffiato su questo aspetto, sposando una linea molto pacifista».
Quanto ha influito la crisi economica e sociale sull’esito elettorale?
«Ha influito, ma non in maniera preponderante. La crisi economica, in fondo, sta iniziando adesso: la Germania fino a sei mesi fa era ancora in crescita. Va anche detto che nel paese gli ammortizzatori sociali sono ancora molto forti, quindi non c’è una percezione della crisi economica reale – in questo momento – sulla maggioranza della popolazione».
Comunque è diffuso un generale sentimento di insicurezza…
«Certo. C’è stata una paura per l’inflazione, questo ha influito sicuramente. A questo si aggiunge il forte timore legato alla transizione energetica che comporta un onere per le famiglie, per molti non sostenibile, tanto che alla fine ha portato ad addolcire alcuni provvedimenti».
Oltre all’Afd si è registrata anche l’avanzata dell’Alleanza Sahra Wagenknecht (Bsw). Sono due facce della stessa medaglia?
«No, sono due cose diverse. Bsw è un partito nato otto mesi fa, è un ibrido: è un partito di sinistra con politiche anti-migratorie. È un’invenzione intorno a questo personaggio molto popolare. Ha avuto una buona affermazione in entrambi i Land. Certo, hanno posizioni simili sull’immigrazione. Ma mentre per l’Afd esiste una barriera anti-incendio (ovvero la non disponibilità di nessun altro partito ad avere collaborazioni di governo), con Wagenknecht (nonostante le sue posizioni molto filo-putiniane e anti-immigrazione) c’è un accenno di dialogo. La Cdu ha detto che, se fosse costretta, potrebbe avviare una trattativa con Bsw. Cosa che succederà, perché in Turingia non è possibile nessuna maggioranza tranne se la Cdu si allea con Bsw e socialdemocratici».
Esiste un legame tra i due elettorati?
«Wagenknecht è un’alternativa ibrida, di sinistra. Esisteva un’opinione pubblica che avrebbe votato per Afd, ma le posizioni contigue ai neonazisti le hanno impedito di votare per Alternative für Deutschland; invece la formula di Bsw (statalismo economico, pacifismo putiniano e durezza sull’immigrazione) comporta un ibrido che evidentemente è appetibile per una parte di elettorato».
I socialdemocratici e i verdi sono stati puniti da un risultato severo. È un avviso di sfratto per Olaf Scholz?
«Non è ancora un avviso di sfratto: i due Land, in fondo, rappresentano il 7% dell’intera popolazione tedesca e la Turingia (dove c’è stato il disastro maggiore) rappresenta il 2%. Comunque si tratta di un avvertimento molto pesante. Il 22 settembre si vota nel Brandeburgo, un Land molto più popolato e importante, dove i socialdemocratici sono il primo partito dal 1990. Anche lì i sondaggi danno l’Afd in fortissima avanzata. Se lo scenario dovesse ripetersi anche nel Brandeburgo, allora potrebbero esserci problemi per Scholz».
Ovvero?
«Sono problemi che riguardano più lui. La coalizione, alla luce dei risultati disastrosi, non ha alcun interesse ad andare a casa e a elezioni anticipate. Invece l’Spd, completamente priva di fiducia verso Scholz dopo queste tre sconfitte consecutive e dopo quella delle europee, potrebbe essere tentata di cambiare in corsa il cancelliere. Cosa che la Costituzione tedesca consente. Quindi rimarrebbe lo stesso governo ma con un cancelliere diverso, che poi sarebbe quello porterebbe alle elezioni del 2025».
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