Il sogno nel cassetto è spodestare il dollaro
Alla festa di Putin, i Paesi Brics mostrano i muscoli all’Occidente diviso

Più che la parata per ricordare gli 80 anni dalla vittoria sui tedeschi nella Seconda guerra mondiale, quella vista ieri a Mosca sembrava la riunione di un ampio e consolidato fronte anti-occidentale. Da un punto di vista strettamente economico, infatti, con la presenza del presidente del Brasile Lula e del numero uno dell’apparato cinese Xi Jinping – oltre che una schiera di rappresentanti dei Paesi africani, sudamericani e dell’Asia Centrale – la cerimonia ha preso i connotati di una riunione dei Brics. Mancava il presidente dell’India a causa del conflitto in atto con il Pakistan.
L’acronimo si riferisce a un’organizzazione di Stati alternativa al sistema economico occidentale, che si fonda sulla Banca mondiale e sul Fondo monetario internazionale. Obiettivo dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) è creare un polo che si liberi del dollaro come moneta di regolamento globale e crei un sistema di solidarietà tra gli Stati alternativo alle impalcature finanziarie occidentali.
La spinta di Trump
Negli ultimi mesi, sono state proprio le mosse del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, a ricompattare e consolidare l’amicizia tra i Brics e i loro affiliati. L’imposizione di dazi a tappeto, le dichiarazioni neo-colonialiste e gli atteggiamenti verso la Cina hanno spinto di molto una riaggregazione tra questi Paesi, che proprio nella giornata di ieri ha visto un’evidente prova. Più volte il presidente Xi ha invitato le nazioni a non lasciarsi “schiacciare” dal giogo americano e a creare un sistema di relazioni che “salvi il commercio” e la “globalizzazione”.
I numeri
D’altronde, i numeri del commercio globale evidenziano una vera e propria riorganizzazione delle rotte e dei valori. Basti pensare, ad esempio, che l’export cinese verso gli Stati Uniti è sceso di oltre il 21% su base annua, mentre le importazioni si sono ridotte di quasi il 14%. È evidente che si tratta di uno degli effetti della politica commerciale di Trump, fatta di tariffe punitive. Il surplus cinese verso Washington scende a 20,46 miliardi di dollari ad aprile mentre era oltre di 27 miliardi a marzo. Non vanno male le vendite di Pechino verso Europa e Asia Centrale: verso l’Unione europea, invece, le esportazioni sono salite dell’8,3%, mentre le importazioni sono crollate del 16,5%.
Ad oggi, i membri dei Brics sono 10. A questi vanno aggiunti 9 Paesi partner e altri Stati candidati ad entrare. Il Prodotto interno lordo nominale di queste nazioni vale quasi il 30% di quello globale. A parità di potere di acquisto, invece, esso sale al 40% con prospettive di crescita sempre più consolidate. Secondo alcune proiezioni, nei prossimi 20 anni il G7 – cioè l’organizzazione che riunisce i 7 Paesi più industrializzati al mondo – potrebbe non avere più alcun senso, visto che proprio i Brics supererebbero il Pil degli attuali “grandi”. Non solo. Il sogno nel cassetto è spodestare il dollaro dal ruolo di moneta centrale dell’economia mondiale. Visto l’andamento dei valori macroeconomici causati dalle dichiarazioni della Casa Bianca, più che un sogno sembra un progetto non così difficile da realizzare.
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