“Firenze l’è piccina… e vista dal piazzale, la pare una bambina, vestita a carnevale.” Queste sono le famose parole utilizzate da Leonardo Pieraccioni nel film cult “Il ciclone”. Chiunque abbia mai avuto modo di vedere qualche sua pellicola o di conoscere la città di Firenze, sa che mai frase fu tanto vera. Città dell’arte e madrepatria dei più grandi artisti, il capoluogo toscano è tra i più affascinanti del mondo. Attraversata dal fiume Arno, porta con sé i segni di una bellezza antica ma anche di un luogo che ha vissuto momenti molto bui. Tra questi non possiamo non ricordare l’alluvione avvenuta il 4 novembre del 1966, la più sentita e raccontata anche se non la prima. Infatti, il primo precedente dello straripamento dell’Arno si ha nel 1333 quando i danni furono ancora più devastanti dell’ultima volta.

La notte del 3 novembre il fiume comincia ad abbattere gli argini e ad inondare le prime zone fiorentine. All’alba gli orafi di Ponte vecchio vengono avvertiti per mettere in salvo i gioielli preziosi, ma il peggio avviene intorno alle 6.40 quando l’acqua raggiunge la Biblioteca Nazionale e Basilica di Santa Croce. In pieno pomeriggio, la situazione era drammatica: 230 milioni di metri cubi di acqua e fango avevano preso possesso del centro distruggendo opere d’arte e causando la morte di 35 persone. L’allarme divenne così nazionale, facendo accorrere da ogni parte d’Italia migliaia di volontari definiti “Gli angeli del fango”. I dati postumi testimoniano l’enormità dei danni subiti: 13.943 famiglie disastrate, 46.000 sfollati e senza tetto, 1.300.000 libri danneggiati e 1.500 opere d’arte distrutte. Oltre che alle vittime, il pensiero era per una buona parte del patrimonio artistico d’Italia e del mondo andato distrutto. Tra le opere d’arte che subirono più danni troviamo in primis il Crocifisso di Cimabue sito nella Basilica di Santa Croce, il quale venne rovinato all’80 %. Uno dei motivi principali per cui la Croce dell’artista ha svolto un ruolo fondamentale nella storia del restauro a Firenze riguarda il sistema di trattamento delle lacune. Ciò portò il direttore del laboratorio fiorentino Umberto Baldini a pubblicare il famoso volume la Teoria del restauro proprio per trovare una soluzione per un nuovo metodo di integrazione delle lacune. Questo fu necessario proprio perché le opere di restaurazione che seguirono cercarono di portare a galla l’essenza originaria dei capolavori artistici.

Molte furono le testimonianza, artistiche e non, delle persone che hanno vissuto sulla propria pelle quella drammatica esperienza. Tra quelle più famose ricordiamo quella del giornalista Marcello Giannini, il quale in collegamento con il telegiornale nazionale fece sentire il rumore dell’acqua per le strade di Firenze pronunciando: «Se apro la finestra, tanto per dare l’impressione di cosa c’è sotto di noi, se si sente il rumore. Ecco, questo non è un fiume, ma è la via Cerretani, è la via Panzani, è il cuore di Firenze invaso dall’acqua».

IL MEMORIALE – Come ogni anno, anche in questo 4 novembre la città di Firenze si prodiga ad organizzare eventi e cerimonie di commemorazione. Per celebrare la tragedia, l’assessore Sacchi ha dato disposizione di aprire gratuitamente dalle 11 alle 22 il Museo del Novecento in piazza Santa Maria Novella. Questo anche per dare onore al critico Carlo Ludovico Ragghianti, il quale fece la più grande donazione al museo dopo l’alluvione coinvolgendo anche molti critici e collezionisti. Per il resto della giornata sono previsti discorsi commemorativi da parte delle autorità della città e il ricordo delle 35 persone che persero la vita.

LE ALLUVIONI IN ITALIA – Purtroppo quella di Firenze non è l’unica grande alluvione che il nostro Paese ha subito. Nel corso degli anni sono state molte le città che sono state messe in ginocchio dalle forti piogge. Soprattutto nel recente periodo dal nord al sud si sono verificate inondazioni che hanno causato feriti, morti e distruzione. Questo lo si potrebbe imputare all’emergenza climatica che vede il cambiamento delle temperature non soltanto in Italia ma dell’intero pianeta. Per quanto si cerchi di arginare le eventuali conseguenze disastrose e mettere in opera dei programmi di prevenzioni, il problema della mutazione dell’ecosistema invece potrebbe non essere d’aiuto.